LE NOSTRE RECENSIONI CINEMATOGRAFICHEConsigli e dissuasioni psicologichesui film da vedere e da non vedereal cinema – 39-

Documento importante questo “La rabbia di Pasolini”, rinvenuto “ipoteticamente” alla luce da Bernardo Bertolucci, in una versione che probabilmente ben rappresenta quello che sarebbe potuto essere alla sua uscita nel 1963, quando invece vide la luce nelle sale con il progetto inizialmente offerto a Pasolini dimezzato, per far posto, suo malgrado, ad una coabitazione forzata con un “primo tempo” sullo stesso stile, ma a cura di Giovanni Guareschi (sua antitesi politica e concettuale).
A corredo del tutto, in coda, alcuni documenti dell’epoca (Dino Verde che fa recitare Noschese, “La Settimana Incom”, una intervista fattagli da un giornalista francese “Pasolini l’enrangè”…), che ben ci fanno comprendere quanto già allora Pasolini fosse inviso ed avversato, ed anche di quanto lui fosse “tremendamente” consapevole di questo, ed addirittura in qualche modo incline al suo ruolo di vittima sacrificale.

Un montaggio di filmati di “varia umanità” ricavati dai cinegiornali di “Mondo Libero” di Gastone Ferranti e da materiali reperiti in Cecoslovacchia, Unione Sovietica e Inghilterra con il commento a margine delle parole di Pasolini (nella originale Seconda Parte uscita in sala all’epoca le voci in “prosa e poesia” erano di Giorgio Bassani e Renato Guttuso), un connubio di immagini quindi con il “verbo” laconico, talvolta ironico, spesso “altamente lirico” di P.P.P. che rasenta talvolta il “sublime”… e poi la capacità di “penetrare-intercettare” il tempo, le persone e gli avvenimenti descrivendoli ed imprigionandoli” per fare in modo che possano esser poi reinventati, portati in seguito a nuova luce….

La descrizione della figura di Giovanni XXXIII ad esempio, composta utilizzando parole “spudoratamente” attinenti al vero, ondeggiando tra la figura contadina e familiare e la malcelata severità del giudizio, sfiora così l’irriverenza come le più alte vette della dolcezza del ritratto, e vale lo stesso anche per “Norma-Jean/Marilyn Monroe”, che viene restituita con occhio glaciale quanto commosso.

Con molta più “rabbia poetica” ed incisività P.P.P. canta invece gli ultimi (dagli scialli neri) così come dall’arroganza di uomini, che sopravvivono ancora oggi, e se possibile con maggiore sfrontatezza, “anche” al tanto lucido quanto azzeccato ed intuitivo pessimismo dell’artista friulano.

Una panoramica mondiale a tutto tondo di un Pasolini poeta piuttosto che cineasta, dalle , della verità e della storia.

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