LE NOSTRE RECENSIONI CINEMATOGRAFICHEConsigli e dissuasioni psicologichesui film da vedere e da non vedereal cinema – 35

Giovanna (Alba Rohrwacher), una giovane ragazza con problemi psichici, si macchia di un terribile delitto uccidendo una sua amica, colpevole, secondo la sua interpretazione, delle “cose” di averle “rubato” il ragazzo per il quale spasimava.
Michele (Silvio Orlando) è il suo “papà” molto protettivo che nutrirà eternamente il suo senso di colpa per averla “stimolata” a cercare una “normale” realizzazione dei suoi sogni ed avendole invece in qualche modo spalancato le “porte dell’inferno”.
A completare il quadro una moglie/madre (Francesca Neri) assai aliena dal suo nucleo familiare, anche lei alle prese con le sue non raggiunte aspirazioni ed i suoi rapporti mancati.

Quando Giovanna verrà condannata al manicomio psichiatrico, al termine di una processo durante il quale emergeranno la sua follia e pure le cattiverie, le paure ed i pregiudizi di una città “nemica” che fa il vuoto attorno al dramma, il padre cercherà, a scapito di tutto il resto, di rimanere vicino alla propria figlia con la forza dell’amore, della tenacia e della disperazione.

Così consequenzialmente si disgrega una famiglia che, a dirla onestamente, non c’era mai stata (anche se il finale del film ci congeda da essa ancora con una immagine di insieme….), tenuta in piedi essenzialmente da descrizione questa che ci porta dritti tanto al “papà” protagonista del film quanto tutto sommato all’attore che lo impersonifica, quel Silvio Orlando dignitosissimo ed assai generoso, ma forse con un campionario espressivo e di recitazione non talmente “libero” da concedere numeri sopra le righe, in parte prigioniero anche di “ruoli da buono ad oltranza” e che il tempo ha in qualche misura usurato; non vada a sminuire questa personale considerazione “il vincitore” a Venezia di una Coppa Volpi che, senza entrare nel giudizio di merito” della prova attoriale, la volontà e l’abnegazione profuse di fronte ad una parte drammatica così imponente rendono comunque meritata….
Non in contrapposizione però va segnalata, sempre a mio sindacabile giudizio, quanto Giovanna/Alba Rohrwacher in uno “spazio” minore riesca ad essere decisamente più incisiva nel raccontare ed esteriorizzare “interni e contorni” di una fragilità inconsapevole, ingenua, “bambina”, capace di “accartocciarsi” su un paio di guanti come di coltivare irrazionale odio e rancore.

Fa da sfondo a questa storia l’Italia del Fascismo, della “seconda guerra”, dei bombardamenti su Bologna, delle tessere annonarie e della polizia politica, tra la ascesa e la caduta di Mussolini fino alla liberazione del ’45.
Tutto ben “disegnato”, protagonisti e comprimari (bravo Ezio Greggio…), i “colori e le atmosfere” son quelli giusti, e così i dualismi dell’anima e le crisi “fragorose o silenziose” che ce li rappresentano…

non affonda il piede sull’acceleratore nel percorrere “strade impervie e che portano sull’orlo dell’abisso”, .È probabilmente una scelta artistica ed intellettuale, e non una rinuncia o un venir meno ad un “impegno più alto”… Venezia applaude, il pubblico senza meno farà altrettanto… eppure alle volte una “macchia” di colore in sovrabbondanza, un colpo di pennello più deciso ma con “calibro”, fanno la differenza tra “l’arte di buon livello” ed il capolavoro….

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