Non è solo l’articolo 11 della Costituzione italiana a vietare la costruzione di portaerei. Vi è anche l’articolo 59 del trattato di pace e una legge del 1931, di gusto prettamente fascista, tuttora in vigore. Nella costituzione è scritto che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Se qualcuno è in grado di spiegare a cosa serva una portaerei, se non come strumento di offesa per fare la guerra e risolvere così le controversie internazionali, si faccia avanti. Prima di varare, come ha fatto ieri il presidente Ciampi, prima di costruire, come sta facendo la beata Finmeccanica per conto della Marina militare e del governo Berlusconi o anche prima di progettare portaerei, come hanno fatto i governi di centrosinistra, sarebbe stato necessario por mano alla Costituzione e riformarla, in senso militarista, cancellando lettera e spirito dell’articolo 11 . Nessuno lo ha fatto, nessuno ha avuto il coraggio di farlo. L’articolo 59, comma II, del Trattato di pace è di una chiarezza cristallina: «L’Italia non costruirà, acquisterà, utilizzerà, o sperimenterà alcuna portaerei». L’impegno che De Gasperi aveva assunto, per conto di tutti noi italiani, nel 1947 era un impegno di lealtà, da rispettare. E fu rispettato per una quarantina d’anni, fino ai tempi del falso incrociatore Garibaldi, in realtà portaelicotteri. Neppure allora ci fu una dichiarazione formale, del tipo: l’Italia da oggi disattende gli obblighi del Trattato di pace, cui è stata costretta da forze soverchianti, ecc. ecc. E neppure: a partire da oggi l’Italia ha deciso di fare la guerra, se le garba, e di bombardare con missili dal mare e dall’aria, i suoi eventuali nemici. Anche questa dichiarazione non c’è stata, anzi l’incrociatore Garibaldi aveva un doppio travestimento. Era una portaerei per l’uso interno e per le commesse dei cantieri nazionali, e una nave multiuso con solo qualche piccolo elicottero nascosto nella pancia, per gli alleati-rivali della Nato e per l’ormai disattenta Urss.
La legge del 1931 è un episodio della contesa tra marina e aviazione, tipica degli anni del fascismo. L’aviazione militare, non solo in Italia, era ostile a una marina che, contro natura, fosse capace di volare. Negli Stati uniti o in Giappone prevalsero le marine che ottennero aerei e campi di atterraggio galleggianti, dando luogo a fantastiche battaglie come quella delle Midway. In Italia, l’aviazione era la pupilla del regime e ottenne al contrario un successo completo, sottolineato da una popolare canzonetta «Gira gira l’elica, romba il motor/ questa è la bella vita, la vita bella dell’aviator». Mussolini dettò la linea; e fece scrivere sui muri che l’Italia non aveva bisogno di portaerei essendo essa stessa una portaerei al centro dei mari.
Dopo settanta e più anni la Marina è riuscita a rovesciare la politica nazionale. Ha dovuto però accettare una serie di compromessi. Ha sofferto nel prendere il nome di Cavour, un signore con i piedi ben piantati sulla terra, lasciando il ben più evocativo Andrea Doria. D’altro canto, dopo Garibaldi, nave con il nome di sinistra, perché non accettare un nome da nave liberale di centro, cattolica ma anche certamente laica? Cavour è un grande padre della patria, che ha portato i bersaglieri in Crimea (modello per il Kosovo di D’Alema) e senza bisogno di portaerei. In ogni caso non ha detto lui:«libera Nave in libero Stato»? E così avremo Cavour. Risulta, ancora irrisolta, una sorda disputa tra chi voleva soprattutto una portaerei, beninteso di pace, capace però di portare carri armati pesanti e chi preferiva invece mantenersi sul classico: aerei a decollo verticale, elicotteri quanto basta. La nave li avrà entrambi: carriarmati e aerei. Sarà probabilmente la prima portaerei Ro-ro, cioè concepita come una nave avanti-e-indietro (Fincantieri ha vinto così fantastiche commesse per modernissimi traghetti) e capace di andare fino alla riva per scaricare i marines, alla caccia di bin Laden. O di Sandokan, se necessario