L’ospedale psichiatrico è senza psichiatri

A giugno hanno tagliato i turni degli infermieri, cominciando dai serali e dai notturni. Dal 1° luglio si sono rivolti alla guardia medica esterna, soluzione un po’ grottesca per un ospedale, sia pure un Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg). Mancano perfino i soldi per comprare le siringhe e i guanti per il personale. E con la fine luglio, all’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), il bilancio 2004 è prosciugato: non possono neppure pagare i farmaci e i medici del servizio psichiatrico e neurologico, che infatti sarà «soppresso» insieme agli altri servizi specialistici (radiologia cardiologia, odontoiatria, infettivologia). La direzione dell’istituto lancia l’allarme e una provocazione: «Siamo pronti a chiudere i battenti se la regione Sicilia non si farà carico della situazione». A cosa serve una struttura per malati psichiatrici orfana del servizio psichiatrico? Con quale spirito si può tornare ai vecchi psicofarmaci, con tutti i loro effetti collaterali, perché quelli moderni costano troppo? La struttura il 1° agosto non chiuderà: «Non possiamo chiudere davvero», chiarisce il direttore Nunziante Rosania. Ma nelle carte inviate al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) c’è scritto nero su bianco che da quella data, ormai prossima, «non si potrà garantire l’assistenza minima necessaria». Nemmeno quella minima, che magari significa impedire a una persona di ammazzarsi. Figuriamoci se a Barcellona si può garantire la riabilitazione dei degenti-internati, che poi sarebbe la funzione degli Opg, i vecchi manicomi criminali.

I sindacati sono sul piede di guerra. «Una situazione del genere provocherebbe veri drammi in quasiasi struttura sanitaria – dice Fabrizio Rossetti della Funzione pubblica Cgil – ma in un’Opg significa negare di fatto il diritto alla salute». Il dottor Antonino Levita, direttore sanitario dell’istituto e segretario siciliano dell’Amapi (medici penitenziari), ha scritto ai sottosegretari alla giustizia e alla sanità per spiegare cosa succederà ad agosto. I malati dovranno portarli a Messina o altrove per qualsiasi consulenza specialistica, ma soprattutto, scrive Levita, «aumenteranno gli eventi critici legati all’esplosione di aggressività dirette contro il personale di polizia penitenziaria, i consimili e la propria persona (leggasi suicidi)». Nero su bianco anche questo, a futura memoria.

L’Opg di Barcellona ospita in media poco meno di duecento persone, il bilancio per l’attività sanitaria esaurito a luglio ammontava a 825,956 euro per tutto il 2004, una somma letteralmente decurtata dalle ultime leggi finanziarie. è uno dei sei istituti di questo tipo esistenti in Italia, gli altri sono a Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere (l’unico che ospita donne), Napoli, Aversa e Reggio Emilia: in tutto i degenti-internati sono circa 1.200. Tutti pericolosi, per la legge. Anche se questa pericolosità deriva, spesso e volentieri, dalle carenze delle terapie individuali che avrebbero dovuto limitare i comportamenti fuori dalla norma. Il 60 per cento circa degli internati ha commesso reati lievi: resistenza a pubblico ufficiale, atti osceni, maltrattamenti in famigia, danneggiamenti. Con internamenti che possono durare anche dieci anni, lo stato li toglie di mezzo.

Gli Opg sono tutti in difficoltà, come la sanità penitenziaria nel suo complesso, ma le regioni in genere intervengono almeno per la copertura della spesa farmaceutica. Vale per la ricca Toscana ma anche per la Campania, che ricchissima non è. La Sicilia è un’eccezione. E ora sulla giunta siciliana di Titò Cuffaro arrivano pressioni anche dal Dap e dal governo nazionale «amico». Ma la crisi degli Opg, che in teoria avrebbero vocazione più sanitaria che carceraria, parte da lontano. è uno degli effetti più drammatici del mancato assorbimento della sanità penitenziaria nel sistema sanitario nazionale, disposto dalla riforma Bindi e mai attuato anche per le resistenze corporative del sindacato dei medici penitenziari (Amapi).

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