SCENARI SOCIALINuove badanti

Le "nuove" badanti: pendolari e irregolari. è il fenomeno emergente sul fronte dell’assistenza domiciliare: romene e bulgare che entrano in Italia ufficialmente per turismo, senza nemmeno la necessità del visto, lavorano nelle nostre case per 90 giorni e poi tornano in patria per non incorrere in sanzioni, mandando in Italia al posto loro una cugina, una sorella, un’amica. E dopo tre mesi si ricomincia.
Chi opera con gli immigrati lo ripete da mesi: esauriti gli effetti della regolarizzazione prevista dalla legge Bossi-Fini del 2002, «il flusso migratorio dall’Est, finalizzato all’assistenza degli anziani, è ripreso, anzi è in costante crescita, con la particolarità del pendolarismo che in alcune regioni, come in Campania, è gestito e organizzato dalla malavita», denuncia don Cesare Lodeserto, "anima" del centro di accoglienza pugliese Regina Pacis. E le famiglie, che fanno? «Hanno necessità, quindi si accontentano», allarga le braccia il sacerdote.
Il bisogno di cura c’è e cresce con l’aumento del numero dei "grandi vecchi", e molte famiglie «accettano situazioni irregolari rispetto alle norme sull’immigrazione in quanto impedite dal numero limitato di permessi», sostiene Alessandra Rossi, del centro Come di Roma, uno dei più aggiornati istituti di ricerca sul fenomeno delle badanti. Altre famiglie non vogliono sobbarcarsi i costi di un regolare contratto: tra contributi, quota Tfr e tredicesima, si può arrivare a 1.300 euro al mese, contro i 7/800 di una badante non in regola.

Le stime parlano di un minimo di 350 mila a un massimo di 500 mila assistenti familiari, considerando italiane e straniere, regolari e "in nero". Difficile indicare numeri esatti, perché nel contratto del lavoro domestico non si distingue tra colf e badante, né si riesce a quantificare il "sommerso". Dati più precisi si trovano a livello locale: un rapporto dell’Anci afferma che nel Veneto lavorano 21mila badanti straniere, per il 99% donne. Nell’81 per c ento dei casi provengono dai Paesi dell’Europa dell’Est (Ucraina 22%, Romania 19%, Russia e Bielorussia 14%). Hanno tra i 30 e i 40 anni, sono sposate, già madri e hanno un titolo di studio medio nel 61% dei casi.

«Mia madre non voleva saperne di andare in casa di riposo nemmeno quando era ancora lucida – racconta Francesca, 57 anni, di Voghera -. Per questo, dopo che la situazione è precipitata, non me la sono sentita di toglierla dalla propria casa, dove ha vissuto un’intera vita. Io e mia sorella abbiamo assunto una ragazza ucraina, dividendoci la spesa e stando comunque vicine alla mamma. L’ha assistita giorno e notte per quattro mesi». Nel maggio scorso la signora è mancata e Anna, la badante ucraina, ha trovato un altro impiego in città.
Spesso non ci sono alternative alle assistenti familiari: una ricerca dello Studio Come di Roma dimostra che il servizio domiciliare offerto da Comuni e Asl raggiunge appena il 14 per cento degli anziani non autosufficienti. «Grazie al lavoro delle badanti – conferma Alessandro Castegnaro, sociologo, direttore dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto -, le liste d’attesa nelle case di riposo si sono ridotte».
Nel solo Veneto, il risparmio per la Regione in termini di contributi non versati alle famiglie per la retta della casa di riposo si può quantificare in 350 miliardi di vecchie lire l’anno. «Eppure lo Stato, dopo la regolarizzazione del 2003, delle badanti si è disinteressato – denuncia Castegnaro -. La domanda delle famiglie è ancora alta, ma non sono stati previsti percorsi di ingresso specifici, come è successo per le infermiere, né aiuti sistematici alle famiglie per sopportare la spesa di un’assunzione regolare».
Se in Paesi come Francia, Olanda e Germania infatti gli sgravi fiscali fanno risparmiare alle famiglie fino al 50 per cento del costo, in Italia si possono detrarre dal reddito imponibile solo i contributi Inps, con un risparmio finale che non supera il 5 per cent o. Una badante fissa costa alla famiglia da un minimo di 600 euro al Sud fino a superare i 1000 euro al nord, ai quali occorre aggiungere i contributi Inps, la tredicesima e il Tfr. «Ho fatto i conti, si arriva a più 1.300 euro al mese – racconta Gianna, una signora di Varese che sta organizzando l’assistenza all’anziano padre che vive in un paese della provincia -. Anche dividendo la spesa con mio fratello, non ce la facciamo ad assumere una donna in regola. Certo, pagando "in nero" rischiamo grosso perché la legge è severa. Ma se l’alternativa è la casa di riposo…».

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