Analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. Lo sforzo di ridar vita a principi estetici del passato può creare al massimo delle opere d’arte che sembrano bambini nati morti. Noi non possiamo, ad esempio, avere la sensibilità e la vita interiore degli antichi Greci. E se in scultura tentassimo di adottare i loro principi non faremmo che produrre forme simili alle loro, ma prive di anima. Come le imitazioni delle scimmie. Esteriormente i movimenti delle scimmie sono perfettamente uguali a quelli dell’uomo. Una scimmia sta seduta, tiene in mano un libro, lo sfoglia, assume un atteggiamento pensieroso, ma ai suoi movimenti manca un senso interiore.
C’è però, necessariamente, un’altra somiglianza tra le forme artistiche. La somiglianza delle aspirazioni interiori e degli ideali (che un tempo erano stati raggiunti e poi vennero dimenticati), la somiglianza cioè fra i climi culturali di due epoche può portare alla ripresa di forme che erano già state utilizzate in passato per esprimere le stesse tensioni. E nata così, per certi aspetti, la nostra simpatia e la nostra capacità di comprensione per i primitivi, che sentiamo così vicini. Come noi, questi artisti puri miravano all’essenziale e rinunciavano ai particolari esteriori.
Ma, per quanto importante, questo è solo un punto di contatto. La nostra anima si sta risvegliando da un lungo periodo di materialismo, e racchiude in se i germi di quella disperazione che nasce dalla mancanza di una fede, di uno scopo, di una meta. Non è ancora svanito l’incubo delle concezioni materialiste, che consideravano la vita dell’universo come un gioco perverso e senza peso. L’anima si sta svegliando, ma si sente ancora in preda all’incubo. Intravede solo una debole luce, come un punto in un immenso cerchio nero.
Tratto da "Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte" a cura di Elena Pontiggia – Bompiani