Orgiadas, Nuorese, 1938 (e poi fino al dopoguerra…): Sardegna dal sapore arcaico, pastorizia, dialetto logodurese, l’alfabeto è ancora una chimera.
La storia di Zuanne, costretto a crescere in fretta dopo che una ingiusta sentenza lo priva del padre ed ancora di più dopo esser stato accusato ingiustamente di un crimine di poco conto, tra rivalse e vendette parentali.
Lento ed affascinante come una storia ben scritta (tratto infatti da un libro di Giuseppe Fiori) , “Sonetaula” di Salvatore Mereu è una porta per immergersi in un mondo antico e distante, oramai dissolto, scomparso; nessuna concessione didascalica, volti scavati e sofferti, credibili e perfetti fino all’osso, “scolpiti”, manco fossero stati “disegnati” per l’occasione.
Il bambino costretto a diventare uomo, in una società patriarcale…le insidiose e quasi “inconsapevoli” svolte del destino che dal tepore del gregge di pecore e dei sogni adolescenziali ti gettano in un mondo “tenebrosamente adulto”, tra bande di briganti, fucili e teste mozzate…. mitragliatori scambiati in cambio di formaggio.
È un mondo duro, aspro, ma ancora in grado di evocare tramite la sua forza non solamente visiva le nostre radici ed origini, o comunque quelle di chi ci è molto vicino ed affine.
Non ci sono orpelli che possano distrarci lungo questa pellicola, anzi l’attenzione deve rimanere “vigile” per non perdersi in strani meandri “temporali, comportamentali o linguistici”, ma proprio per questo ci viene restituita tutta “l’essenza” di una Italia quasi “fossile” ma dalla quale ancora “dipendiamo e discendiamo”.
Arido come la terra, inarrestabile come il corso di un fiume, un piccolo angolo di “preistoria”, o meglio di storia, ingenuità e tenerezza incastonate in tanta vicissitudine brillano e risaltano come gemme preziose.
Astenetevi dal vederlo (se mai la Rai trovasse il coraggio di mandarlo in onda) nella versione “fiction-tv” di fine anno, in Italiano (…!!…), perché non si può costringere in una “camicia di forza” un universo che si nutre e vive di “suoni e percezioni” differenti, dove il tempo è scandito non da orologi da polso ma dalla vita che si fa “pelle dura e storia vissuta”.
Ostico, coraggioso, intenso e profondo come sapevano esserlo alcuni vecchi romanzi di formazione, illuminante come un viaggio in terre diverse e sconosciute.