non cambia strada: per il secondo anno consecutivo torna a Venezia, di nuovo ne esce trionfante vincitore ed anche stavolta la “storia” che ci racconta indaga e rimesta nelle viscerali emozioni e passioni che l’essere umano non puo’ controllare, esattamente . Le “immagini” ed il “recitato” di però nulla hanno a che vedere con il precedente lavoro; stavolta ci troviamo di fronte ad un film estremamente “formale”, di una “eleganza strepitosa” e ricco di “piccoli omaggi visivi” al cinema che ha fatto la storia del bianco e nero Americano (ma che probabilmente sottintendono a ben altre “torbide relazioni” tra l’America e l’Asia ed il Comunismo durante il periodo bellico della Seconda Guerra).
L’ambientazione è nella Cina degli anni ’40, precisamente a Shangai, durante l’occupazione Giapponese e la resistenza patriottica.
, nome in codice Mak Tai Tai, giovane cinese, quasi per caso si trova coinvolta in un “impegno“ più grande di lei, quello di sedurre , un collaborazionista cinese (il “solito” fascinoso Toni Leung) per poterlo poi uccidere e segnare un colpo ad effetto per la patria.
Ma rimarrà travolta e destabilizzata dal “gioco” e da una “missione lunga tre anni”, dove oltre a perder l’innocenza e poi anche qualcosa di più prezioso, si troverà a fare i conti con le sue intime pulsioni e passioni che nulla voglion spartire con ragione ed amor di stato. In un contesto feroce e spietato non sarà l’unica a pagare a “livello emozionale” (nella prima parte del film l’omicidio da parte del gruppetto dei resistenti è una sorta di macabro “rito iniziatico” che demarca nettamente la linea di confine fra le perdita dell’innocenza e dell’ingenuità verso altri “lidi adulti ed oscuri”), ma di sicuro sarà sola “in campo” nell’affrontare “il nemico”, che non sarà solamente da intendersi come “il traditore”.
Il rapporto con Yee diventerà morboso, sadico, passionale, , psicologico, dove lui la devasterà fisicamente ma anche anche nella mente e fino alle lacrime (“mi entra dentro come un serpente”), la cederanno suo malgrado il passo alla , anzi, fino al tragico finale, e tutto questo fa di “Lussuria” un film “potente” e capace di ritagliarsi un posto dentro al nostro “giardino nascosto” e dei ricordi belli.
Ingrato compito deve esser stato per i giurati Veneziani scegliere il vincitore tra questa pellicola e “CousCous”, ma di sicuro la proposta del Taiwanese Ang Lee è di grande effetto e ricercatezza. , ma d’altro canto gli orientali sono dei “capiscuola” in questo campo a differenza di noi occidentali, “sotterrati” da tonnellate di “pessimo glamour patinato da rivista”. La bravura dei due protagonisti, perno centrale della storia, è inappuntabile, il soffertissimo grido “d’amore e d’allarme” di Wang un momento toccante, i suoi occhi lame affilate e “lucide”; “tagli ed inquadrature” sono quelli di una regia intensa, esperta, navigata ma ancora capace di toccare le corde del cuore.
Fine come un broccato o un raso, al tempo stesso , e così anche le ottime musiche di Alexandre Desplat. Si: è questo film, che forse presta il fianco a qualche dubbio circa la sua “purezza”,