Dentro all’intelletto poetico
dove il verbo entra
esce il verso.
Signore, voglio vivere
fino in fondo,
fino al più spontaneo occaso,
la mia vita e la mia disabilità
come un’apparenza fisica
più naturale del mondo.
Concedimi
ogni forza necessaria
perché quest’apparenza
è la mia croce.
Grazie!
Caricami, Signore
alle Tue tenere spalle
come, se fossi,
"la pecorella smarrita".
Non lasciarmi mai affogare
nelle procelle della vita.
Aiutami ad accettare
sempre, con maggior ottimismo,
la mia quadruplice menomazione fisica.
O, Signore.
Amen!
Permettimi di giocare,
sempre, con Te.
I Tuoi girotondi sono piacevoli,
non m’ingannano mai
e la mia croce s’alleggerisce.
Desidererei trastullarmi
con le Tue Eterne carezze,
o, Signore!
alla nonna Angela
Siamo nel profondo cuore dell’inverno,
nonna,
ed a me torna in mente,
quando, in questo periodo
cucinavi la polenta:
tuo cibo prelibato.
La cucinavi, a fuoco lento,
mescolando, di tanto in tanto,
la farina di grano turco
in quel pentolone, (ricordi?),
canticchiando, rivolta a me,
con parole tue semplici,
ma profonde,
il ritornello del paese:
""
Anni son passati, nonna!
Ma mentre avverto l’olezzo della polenta,
mi ritorna nell’intelletto quella canzone
e rivedo la tua fisicità al mio fianco,
costantemente,
che mi fai da scudo.
Il significato dell’esistenza
ce lo rende vivo,
oltretutto,
un botton d’oro,
che esposto sulle rive
d’un ruscello,
è esposto sempre a tutto
e fa poesia ugualmente.
È con l’umiltà
che si diventa grandi.
Infatti,
dal germoglio
d’un’umile
e minuscola ghianda
cresce
un’immensa quercia.
Fermamente spero
in un’eterna atmosfera,
dove nemmeno ad un bimbo
venga, mai più, a mancare
l’indispensabile ossigeno
mentre spalanca le tenere iridi
alla luce;
com’è accaduto a me,
poche ore,
dopo la nascita.
Il senso della vita
sta nella saggezza interiore.
È un arcobaleno splendente
che s’accende piamente
al termine
d’ogni procella della sofferenza
in chi non si dà mai per vinto.
In chi, seppur nel dolore,
trova poesia!
Amici,
non disperiamo mai!
Oltre la caligine
e sotto ogni cirro
irraggia costantemente
l’abbagliante luce del sole.
Non disperiamo mai!
Il vino
con cui noi,
a tavola,
ci dissetiamo
avvertiamo le tracce
del preziosissimo Sangue
del Signore.
Signore,
se veramente ci comprendi,
ti preghiamo di ascoltarci
in tutto ciò che noi,
Tue creature,
non siamo in grado
nè di esprimere, nè di pensare
liberamente.
Fa, in modo, che la Tua saggezza
c’insegni ad essere lealmente riflessivi
e profondamente spontanei
come ogni piccolo fiore al vento.
In questo pianeta azzurro,
tu sogno premonitore,
annunci l’avvenire,
sia aspro sia dolce,
a colui che crede
nel palpito del Signore.