«Mamma, vieni a prendermi?» Ma su quelle adozioni c’è il veto

ROMA- Una firma. Olga, 11 anni, non avrebbe creduto mai che un’orfana come lei potesse sognare una firma, quando le manca quasi tutto, quando nell’ Internat numero 5 di Pinsk non le appartiene nulla, a parte l’attesa dell’estate, l’attesa del Natale, l’attesa dei tre mesi all’anno da passare con Anna e Salvatore, a Rieti, ed avere così due genitori ed una casa con le sue foto esposte dappertutto, e un cane, e due gatti, e tutta la frutta che vuole da mangiare, ed una cameretta con la scrivania e il lettino, dove ogni notte starsene a sperare, da tre anni, di non dover più tornare indietro, di rimanere lì per sempre, il sogno che s’era quasi realizzato, ed ora tutto dipende da una firma. Perciò una firma è il grande sogno di Olga, ma anche di Vitalii, di Sacha, di Ivan e di Irina, di 150 bimbi di Chernobyl con i polmoni intossicati dai residui della nube, e il cuore intossicato dalla solitudine, e il destino appeso ad una firma. E’ la firma che potrebbe trasfigurare la loro vita da zingari tra un’esistenza e l’altra, la firma che potrebbe demolire quello che sbarra il passo all’adozione da parte di chi da anni chiamano mamma e papà, la firma che una signora di nome Roberta Capponi, presidente della Commissione Adozioni Internazionali, dovrebbe apporre e non ha ancora apposto, per conto del ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo, sotto il protocollo di un’intesa con la Bielorussia.
La firma quasi c’era e non c’è più, e ora fluttua, e fa saltare il cuore a quei bambini ed ai loro aspiranti genitori, e provoca uno scontro feroce tra la commissione Bicamerale per l’Infanzia ed il ministro Prestigiacomo, e rischia di scatenare un incidente diplomatico, ed una manifestazione di aspiranti genitori contro il governo, prevista per la settimana prossima. Rischia, soprattutto, di sovrappore il destino di una storia politica a quello di decine di storie personali, travolgendo queste ultime, come spesso accade. Storia politica: giro di vite alle adozioni da parte del governo bielorusso, nuova legge, maglie più strette, nelle quali restano impigliate 150 adozioni, che erano a un passo dalla conclusione. Bambini di undici, dodici anni, orfani, molti in cattive condizioni di salute. Venivano in soggiorno terapeutico da anni. Mamme e papà italiani con le loro foto dentro il portafoglio, e i giorni tra le carte bollate per riuscire ad adottarli, e il cuore in gola ad ogni arrivo, e il cuore a precipitare ad ogni addio, e dieci viaggi all’anno in Bielorussia, e quella domanda maledetta senza mai risposte, «quando potrò restare sempre qui?», «tra poco, vedrai, basta aspettare». Poi il blocco.
Trattative estenuanti tra Italia e Bielorussia. A vuoto, fino alla missione della Commissione Bicamerale per l’Infanzia, la settimana scorsa. La presidente, Maria Burani Procaccini, annuncia: abbiamo l’accordo, manca solo la firma di Capponi, per conto del governo. Capponi si precipita a Minsk. Non firma. «L’accordo non spetta al Parlamento, inoltre millanta garanzie che non ci sono, inganna i genitori», spiega Prestigiacomo, da Roma. «L’accordo, salvo dettagli, è uguale a quello che il governo stava tentando di firmare: la ministra compromette il destino di 150 bambini solo per una questione di protagonismo», tuonano la Bicamerale e le famiglie. Volano invettive. Ed ora? «Capponi ha portato la trattativa avanti, firmeremo nel giro di due settimane, con garanzie maggiori di quelle che aveva ottenuto la Bicamerale», fa sapere il governo. «Mi auguro che sia così, ma una data per la firma non c’è, ed ogni minuto perso mette tutto a rischio», replica Marida Bolognesi, Bicamerale. Palpitano le famiglie: «Basta un nonnulla per mandare tutto a monte», dice Vera Risi. Potrebbero bastare, dicono i genitori, certe dichiarazioni di Prestigiacomo sulla scarsa elasticità democratica dei bielorussi. E sta a vedere, s’inquietano, che così vanno per aria pure i soggiorni terapeutici, 30.000 bambini che vengono ogni anno a fare il pieno di aria pulita e di attenzioni. «E cosa gli raccontiamo, noi, ai bambini?».
Che cosa gli racconti a Sacha, 10 anni, che aveva appreso la notizia dalla televisione dell’orfanotrofio, accordo per sbloccare le adozioni con l’Italia , e quando mamma Valeria l’ha chiamato non riusciva a parlare per la gioia, «quando mi vieni a prendere, mamma, quando?», e lei «non sappiamo, Sacha, bisogna aspettare ancora un po’». La solita domanda, la solita non-risposta. Il solito dolore, un’altra goccia, come se non fosse già un lago, o una palude.

ROMA- Se andate in Bielorussia, potete fare a meno di un interprete: da quelle parti, l’italiano è una specie di seconda lingua. Perché da quando l’esplosione delle centrale radioattiva di Chernobyl ha travolto il ventitrè per cento del territorio della Bielorussia e la salute di due milioni e mezzo di persone, tra le quali mezzo milione di bambini, l’Italia è di casa, in Bielorussia. O meglio viceversa. Ogni anno trentamila bambini tra gli otto e i quattordici anni partono per quelli che vengono chiamati soggiorni terapeutici: due mesi in estate e uno in inverno qui, in Italia, per svuotare un po’ i polmoni dalla concentrazione del veleno che ha moltiplicato di quasi cento volte il rischio di tumori. Vengono ospitati da famiglie, ma anche da Comuni, istituzioni religiose, associazioni. Sono orfani, figli di contadini, ma anche di dirigenti politici, parlamentari, intellettuali.
C’è chi dice che esista un mercato clandestino: tangenti in Bielorussia, per riuscire ad inserire nel percorso di risanamento il proprio figlio. Tangenti in Italia, per riuscire ad averne in casa uno adottabile, possibilmente bello e biondo, come spesso i bambini sono lì. Nulla di certo. O forse, come sempre, qualche storia torbida in mezzo a tante altre di solidarietà. Perché l’Italia è il paese dal quale la Bielorussia ha ricevuto più aiuti. Ed è quella che ha adottato più bambini: per quasi duemila, orfani, non è stato più fatto il biglietto di ritorno. Sono diventati cittadini italiani. Grande cuore italiano. Ma anche grande crisi della natalità e boom delle adozioni, con relativa ricerca affannosa di ogni possibile scorciatoia. E un giorno il governo bielorusso ha detto basta. «Teniamoci a casa i nostri figli, assicuriamo loro percorsi di vita sani ed operosi, impediamo che vengano trasformati in consumisti». Così il presidente Lukashenko ha lanciato la sua battaglia contro le adozioni. Un rigurgito di socialismo reale, o forse solo orgoglio nazionale.

ROMA – Racconta la storia di un bambino russo adottato da una coppia italiana la pellicola che la Russia ha candidato per l’Oscar riservato al miglior film straniero. La pellicola si intitola «Italianiez» (italiano), è stata diretta da un regista sanpietroburghese (Andrei Kravciuk) ed è stata già presentata all’ultimo festival cinematografico di Berlino (nella sezione per i ragazzi).

Sono 400mila i bambini ospitati da famiglie italiane negli ultimi 19 anni per soggiorni terapeutici. Le famiglie italiane che ogni anno ospitano bimbi per le vacanze sono 35mila

Sono 2.285 i bambini adottati da coppie italiane dal ’91 a oggi e 821 i bambini adottati da coppie italiane negli ultimi 6 mesi. Due milioni gli italiani impegnati in attività di aiuto.

Le domande di adozione in attesa sono quattrocento e quelle già in fase avanzata di definizione bloccate dopo l’entrata in vigore della nuova legge.

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