«Non esiste il nucleare sicuro»

«No, col nucleare non si scherza: ecco quello che ci suggeriscono gli incidenti simultanei nelle centrali giapponesi. Ci hanno detto che il disastro di Chernobyl è accaduto perché le centrali di tipo Rbmk erano obsolete e, invece, anche i sistemi tecnologicamente più avanzati non sono per niente sicuri. Bisogna arginare la proliferazione nucleare e mettere radicalmente in discussione il modello energetico. L’Europa e l’Italia, anziché rincorrere pericolose illusioni, facciano la loro parte per la sicurezza e per le energie rinnovabili».
Da Rispescia, nel grossetano, Andrea Gentili, responsabile del progetto Chernobyl di Legambiente, avverte il governo perché non tenti di «by-passare il referendum del 1987», quello che staccò la spina al nucleare italiano un anno dopo la catastrofe di Chernobyl. Nella località della "primissima Toscana", Gentili sta coordinando le iniziative di Festambiente, storica kermesse estiva del Cigno verde gemellata con analoghi appuntamenti in mezza Europa. Una pala eolica accoglie i centomila visitatori previsti per mostrare quanto sia semplice utilizzare il vento e lo spazio più grande dell’evento – la "Casa del sole" – è dedicato proprio alle energie alternative. Dopodomani sarà la volta della premiazione dei comuni italiani virtuosi nelle politiche energetiche. «Ma sono solo due, Bolzano e Varese Ligure», dice ancora, rammaricandosi, Gentili, quarantaquattrenne, per nulla persuaso dalle rassicurazioni delle autorità giapponesi.

Le zone critiche sono quelle a ridosso delle centrali di Caorso e Latina ma anche negli undici porti dove transitano sommergibili a propulsione atomica esistono grossi rischi per l’ambiente e le popolazioni. E c’è un intreccio tra nucleare e militare su cui occorre agire.

Perché petrolio e nucleare sono modelli che prevedono l’accentramento di impianti, capitali e risorse e impongono un determinato modello di sviluppo economico. Al contrario le rinnovabili sono energie "democratriche", capillari, sono facili da installare ma richiedono socializzazione dei saperi, formazione dei cittadini e degli operatori. Pensi che 15 pale eoliche, sistemate perché non deturpino il paesaggio, sarebbero in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di una città come Grosseto, di 70-80mila abitanti. Servirebbe una grossa campagna per promuovere modelli alternativi, bisognerebbe coinvolgere i cittadini e gli enti locali per battere le nostalgie "atomiche". Qui in Maremma stiamo lanciando, ad esempio, un modello di eolico diffuso, di bassa taglia, e distribuito in aree agricole che diventeranno autonome da un punto di vista energetico.

La centrale non eroga più energia ma non esiste alcun piano per la sua messa in sicurezza. Il vecchio tetto nel "sarcofago" (la copertura in cemento armato realizzata per isolare il reattore esploso) sta per crollare, nel sottosuolo ci sono tonnellate di acqua radioattiva, il nucleo è ancora attivo e quei mille metri quadri di crepe e buchi stanno a rappresentare un gravissimo pericolo per sei milioni di persone – tra Russia, Ucraina e Bielorussia – che ogni giorno bevono e mangiano sostanze contaminate. Da anni si chiede, invano, un intervento della comunità internazionale e cresce il numero dei tumori tiroidei, patologia tipica di disastri del genere.

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