Proprio il 9 agosto, proprio nel giorno del cinquantanovesimo anniversario della tragedia nucleare di Nagasaki, un olocausto oscurato perché sempre si parla prima di Hiroshima e dei suoi duecentomila morti, poi si accenna a Nagasaki, come se i suoi morti fossero uno scontato corollario, il Giappone si ritrova a dover fare i conti con la paura del nucleare. Tre incidenti in una giornata, il più grave nella centrale di Mihama, quattro morti, sette feriti, cause ancora misteriose, rassicurazioni che non vi è pericolo di fughe radioattive, il direttore della Società per l’Energia che porge le sue più sentite e sincere scuse, come si usa fare in Giappone.
Tutto come da copione già collaudato perché in Giappone gli incidenti nelle cinquantadue centrali nucleari che forniscono il 30 per cento del fabbisogno di energia, si susseguono, si tenta di negarli se sono di lieve entità e si arriva addirittura a falsificare i rapporti dei controlli sulla sicurezza obbligatori per legge. Ma non si è potuto mettere la sordina all’incidente della centrale di Tokaimura del 1997, quando si scoprì che gli addetti alle pulizie trasportavano l’uranio in vecchi secchi, come è dilagato lo scandalo e la paura quando nell’agosto del 2002, si è venuto a sapere che era prassi comune nascondere le fessure visibili nel circuito di raffreddamento con dei teli di plastica, per ingannare gli ispettori. E con loro tutti i giapponesi i quali avevano pensato, e l’idea li esaltava quasi come una rivincita, di poter asservire il Mostro a scopi pacifici, loro che erano stati i primi e finora gli unici a conoscerne la furia distruttiva.
Ma addomesticare la belva non è facile, specie se si guarda soprattutto al profitto, alla riduzione dei costi, se si subappaltano i lavori a piccole imprese che assumono personale "a perdere", gente sottopagata che non conosce i rischi ai quali può andare incontro, uomini e donne che in Giappone vengono chiamati gli Zingari del Nucleare perché si spostano da una centrale all’altra immagazzinando chissà quale quantità di radiazioni.
Oggi l’opinione pubblica giapponese si inquieta, e a ragione, per il pericolo costituito dall’uso pacifico dell’energia nucleare. Stranamente, assai meno per il suo uso bellico. Infatti, c’è chi sostiene che il Giappone potrebbe dotarsi di armi nucleari tattiche come deterrente nei confronti della Corea del Nord e per i nuovi impegni assunti a fianco dell’America in Afganistan e in Iraq.
A farsi la bomba i giapponesi ci metterebbero un attimo. Nella centrale nucleare di Tokaimura manca sulla carta l’equivalente in plutonio di venticinque bombe atomiche. Le autorità escludono che il plutonio, circa 206 chilogrammi, sia stato trafugato, tanto meno venduto. L’unica è augurarsi che si tratti di un altro ennesimo errore, ma stavolta di contabilità.