Il tema della pace mi sgomenta per la sua vastità teologica e spirituale.
È un tema immenso, denso di significati. Un tema senza fine ma anche molto logorato perché oggi tutti parlano di pace, tutti vogliono la pace, tutti manifestano per la pace. Ciascuno poi a suo modo e possibilmente senza pagarne il prezzo. Io mi limiterò a suggerire qualche seme di riflessione, che sento in modo particolare vivendo in questo Paese.
Anzitutto occorre distinguere tra la pace del mondo – anche in senso buono, pace sociale e politica – e la pace di Gesù. Gesù nel Vangelo di Giovanni (cap. 14) dice: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo". C’è una distinzione e bisogna accettarla. La pace dono di Dio è qualcosa di molto più grande della pace del mondo. è frutto della preghiera e può essere data anche in circostanze totalmente avverse. Mi ha colpito molto il colloquio con un giovane padre di famiglia palestinese, che mi diceva: "Se la pace non c’è dentro noi, tutto il resto non conta".
Tuttavia, tra la pace di Dio e la pace di questo mondo vi sono molteplici relazioni. La pace del cuore è in rapporto per così dire "genetico" con la pace del mondo, perché non può che esprimersi nei rapporti sociali. E ci sono rapporti che chiamerei anche di tipo escatologico, perché la pace politica, nel suo senso più nobile, tende a creare le condizioni per una pace universale, definitiva, quindi in qualche modo tende verso la pace piena che è dono di Dio. La pace di questo mondo, che pure è così desiderabile, e per la quale ci impegniamo, parte però da un contesto sempre un po’ ristretto. è invece la pace di Dio che non ha confini. è pace che non ha alcuna re mora, che non ha alcuna chiusura.
Un’altra riflessione: la pace è un rischio, la pace si paga. Il brano che si legge nel Vangelo secondo Matteo è drammaticamente incisivo: se uno ti percuote la guancia destra, porgigli anche l’altra; e a chi ti vuole chiamare in giudizio per la tunica, tu lascia anche il mantello. Sono parole che si dicono, si leggono, ma poi la vita le smentisce quotidianamente. Perchè sono un intervento di Dio nella storia umana. Eppure hanno anche una ragione umana e civile. Ciò che ho trovato di più bello su questo tema è il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della pace del 2002, dal titolo: "Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono".
Questo documento mostra che il perdono ha anche un valore civile e politico. Finchè non si arriva a rinunciare a qualcosa a cui si avrebbe teoricamente diritto, finchè si vuole a tutti i costi ciò che compete, ciò che è di proprio diritto, e si fa semplicemente l’elenco delle proprie ragioni, non si arriva alla pace, perché non si vuole pagare niente. La pace invece ha un costo, richiede un compromesso anche nel senso di lasciar cadere alcuni diritti rivendicati. è chiaro che poi saranno le trattative che dovranno far vedere quali possono cadere. Però se si parte con l’idea che bisogna avere la totalità dei propri diritti, non si arriva umanamente alla pace.
La pace, in un mondo segnato dal peccato, suppone costante volontà di perdono: nelle famiglie, all’interno delle comunità , delle chiese tra loro, e poi ancora più nel contesto civile. E uno dei punti sui quali ho molto insistito nel mio ministero a Milano è che il perdono ha anche un rilievo nel diritto penale. Tutto ciò che riguarda la pena, il carcere , la difesa, i crimini, la punizione, non può essere gestito sulla sola e pura giustizia dei codici, ma richiede anche questo aspetto. Ma vale anche per le nazioni: quelle che sono riuscite a superare situazioni drammatiche di divisione, per esempio il Sudafrica e il Perù, lo hanno fatto fondandosi non solo sulla verità e sulla giustizia, ma anche sulla riconciliazione.
Infine come ultimo pensiero vorrei esprimere l’importanza del tema della preghiera di intercessione per la pace. Se la pace è dono di Dio, se da questo dono può nascere un processo di pacificazione, allora occorre una preghiera di intercessione che si unisca alla preghiera di Gesù, quella di cui parla Romani 8 ed Ebrei al capitolo 7, Gesù che sempre intercede per noi. Io cerco di vivere qui la preghiera di intercessione, anzi gli ho dato il primo posto, però proprio per questo sento la povertà estrema di questa preghiera. Ma sento anche che questa goccia di preghiera si unisce al fiume di preghiera che nasce da tutte le Chiese, da tutte le comunità cristiane, da tutte le comunità che pregano, da tutte le preghiere anche fuori dall’ambito cristiano. E tutte queste preghiere costituiscono un fiume, un mare.
E questo mare è tutto riassunto nella preghiera di intercessione di Gesù al Padre e quindi è una preghiera efficace. è la carta decisiva da giocare. Stando qui a Gerusalemme si conosce un ricchissimo sottobosco positivo di rapporti di dialogo, di buona volontà di mutuo servizio, di accoglienza del diverso, di perdono, che arricchisce questa realtà . Purtroppo non sempre è una voce che viene raccolta dai mass media, non sempre viene ascoltata dai politici.
Ma certamente, quanto più ci saranno persone che cercano con sincerità la pace, l’accoglienza, il rispetto dell’altro, il dialogo, il perdono, la riconciliazione, tanto più tutto questo un giorno inciderà anche a livello politico, si avrà un segno della pace fondamentale che è nel cuore di ciascuno di noi e che auguro a tutti voi come frutto di questo cammino.