Senza titolo

BOLOGNA – Un ambulatorio mobile attraversa la Bielorussia da due anni, diagnosticando alla popolazione gli effetti dell?incidente di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986. Aliakseyeu Andrei, uno dei medici coinvolti in questo progetto, è stato invitato da Legambiente a parlare della sua esperienza: a 18 anni di distanza dall’esplosione di un reattore nella centrale nucleare, il cancro alla tiroide nei "bambini di Chernobyl" rappresenta la conseguenza più grave. Il territorio circostante continua ad essere contaminato: se lo iodio 131 – una delle sostanze più pericolose – oramai non è più presente nell’aria, nei villaggi la presenza di cesio è oltre 20 volte quella normale. "Con il Progetto Chernobyl, Legambiente è stata fin dall’inizio in prima linea nell’assistenza ai bambini e nello studio sistematico delle conseguenze della catastrofe nucleare – racconta Roberto Rebecchi, coordinatore di Legambiente Solidarietà per l’Emilia-Romagna – . Negli ultimi due anni abbiamo promosso e finanziato attraverso il Coordinamento Regionale, e con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, dell’Arpa, e dei medici che offrono la loro collaborazione, un ambulatorio mobile per lo studio epidemiologico e la diagnosi delle malattie della tiroide".

L’ambulatorio, un furgone Iveco completamente attrezzato, si muove nelle regioni più contaminate ma meno studiate della Bielorussia. All’interno vi lavorano medici e paramedici bielorussi preparati anche attraverso stage formativi effettuati nei centri specialistici universitari e ospedalieri italiani. "In questi due anni – racconta il dottor Andrei – abbiamo fatto oltre 9.500 ecografie e 166 prelievi citologici. Ogni giorno esaminiamo fino a 60 pazienti, e quando rileviamo delle patologie li accompagniamo al reparto di oncologia di Minsk, dove possono essere curati". "Dopo l’esplosione, lo iodio radioattivo liberato, chimicamente simile a quello presente in natura, venne avidamente captato dalle tiroidi della popolazione esposta al "fall out". Il carcinoma nei bambini – spiega il dottor Tosti Balducci, collaboratore volontario di Legambiente – è normalmente un evento raro, e invece in queste zone arriva a colpire l’11% dei bambini". Gianluca Borghi, assessore alla Cooperazione Internazionale della Regione Emilia-Romagna, ha sottolineato la necessità dell’aiuto economico, oltre a quello politico. Un aiuto "coerente e conseguente all’attività contro il nucleare, e all’impegno diffuso che ha portato molti bambini bielorussi ad essere ospitati nelle famiglie italiane". Un impegno che Legambiente continua a promuovere e sostenere: 200 bambini giungeranno nell’estate dalle zone contaminate, e alcuni bambini "senza nazione", appartenenti a minoranze etniche giunte nella Bielorussia contaminata per sfuggire alle persecuzioni dei propri Paesi d’origine, saranno ospitati nel Centro Speranza. (mb)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *