Alla nonna paterna.
" Nevica, nonna,
ed io m’annoio
a giocare sola soletta.
Raccontami la storia
che hai ascoltato,
più volte,
dalla tua nonna,
un tempo, ormai, lontano;
quand’eri bambina
come me."
La voce avita dice:
"Vieni. Siediti
sulle mie ginocchia."
La favola comincia:
" Era il venticinque dicembre
di molti anni fa;
era notte insolita e senza fine,
quando per l’aere
risuonò un canto angelico:
" Sono il Creatore
fattosi neonato,
per aiutare
il seme d’Adamo
a trovare
la via conducente
al Signore;
la strada che porta
alla vera felicità .
Io insegnerò
agli uomini
ad amarsi tutti
come fratelli,
rifiutando l’odio,
ed ammirando
la pace."
Seduta
in grembo alla nonna,
gongolavo di gioia
e per trastullo
le carezzavo
il volto rugoso:
un sublime silenzio
regnava nella casa,
ed io sentivo
la tenerezza della bocca,
priva di denti,
che mi baciava.
"Narrami, ancora
un’altra storia,
nonna;
un’altra storiella vera!"
Mi sorrideva la nonna,
e magari,
con la sua mente
ritornava,
pure lei, fanciulla,
in braccio,
all’ava canuta,
che le annodava
le morbide
e lunghissime trecce.