Giovinetto,
ancor imberbe,
che la ferocia nazista
innalzò sull’altare
dei martiri
e degli eroi.
Tu eri il beniamino
dei tuoi compagni
combattenti
per la libertà
della Patria Italiana.
Un figlio eri;
un fratello,
un soldato fidato
per Lince:
tuo intrepido comandante
che trepidava,
sapendoti
in pericolo.
Ma tu detestavi
il riposo
e da animosa staffetta
oltrepassavi
le linee nemiche,
sempre pronto
a portare ordine;
a dar informazioni.
Non avvertivi la stanchezza,
ignoravi la sosta,
ed il tuo giovanile cuore
non conosceva la paura.
Molti dei tuoi compagni,
avvisati, da te,
scamparono d’agguati,
ruppero
il cerchio nemico,
ed a te dovettero
la vita.
Persino,
il tuo amato genitore,
arrestato dai nazisti,
fu da te libero,
nel momento
più inatteso.
Ma l’intensa
tua giovinezza
fu stroncata
nell’attimo più bello,
il tuo sacrificio
fu sublime:
vincesti le torture,
non ti domò il dolore
a chi ti voleste delatore.
Chiedesti
che ti fucilassero
con la stella di partigiano
sul cuore
e come d’incanto,
prima che la morte
ti celaste gli occhi,
una stella vera
t’apparve sul petto
che il tuo sangue disegnò
e si tinse di rosso.
Giacesti immobile
sulla neve febbraina
che avvolge
d’un tiepido calore
il tuo corpo
di valente coraggio.