Sarebbe utile, magari una volta l’anno, verificare il corso del proprio destino, osservarne lo svolgimento prima che ci sovrasti in modo definitivo. Scoprire quanto il nostro destino si sia allontanato da quello che vorremmo o quanto stia per convergere con i nostri desideri.
Identificare le forze che si oppongono a un suo corso favorevole e scoprire finalmente le proprie e le altrui responsabilità.
Esistono certamente una serie di desideri e di bisogni comuni a tutti, formulando i quali probabilmente ci si troverebbe di fronte al più attraente dei programmi politici.
Immagino come tutto si semplificherebbe se un gruppo di persone o un assetto sociale o magari l’intera umanità si muovessero verso un destino comune, da tutti desiderato.
Mi ha condotto a questi pensieri una coppia di ottantenni che ho osservato da qualche tempo nella grazia estrema con cui si comportano reciprocamente. Al mattino li incontro che camminano verso il bar confabulando, spesso ridendo.
Si siedono sempre allo stesso tavolo porgendosi la sedia e invitandosi a vicenda a sedersi per primi.
Poi, quando il cameriere arriva, ben sapendo che chiederanno due cappuccini, uno senza schiuma per lui e uno ben caldo per lei, dopo una breve esitazione, gli chiederanno, come ogni giorno, di aggiungere una brioche, ancora tiepida di forno, se possibile.
Li ho riconosciuti sul giornaletto di quartiere, impettiti l’uno accanto all’altra, mano nella mano, in una foto di qualche anno fa attorniati da tre figli, due maschi e una femmina già adulti e sotto, a grandi lettere la scritta NOZZE D’ORO.
Anche questa mattina, come ogni giorno, dopo che la brioche era stata divisa, ognuno dei due insisteva che fosse l’altro a prendere il boccone più grande.
Nell’incredibile armonia che rivelano c’è qualcosa di misterioso e di inspiegabile.
Mi sono avvicinato porgendo loro il giornaletto.
"Avete celebrato le nozze d’oro. Complimenti".
"Eh già" Ha mormorato lei "Ci hanno voluto far diventare famosi mettendo la fotografia sul giornale".
"Siete speciali voi due. Posso sapere qual è il segreto della vostra unione?"
I due si guardano. Lei lo interroga con uno sguardo veloce e divertito. L’uomo annuisce, dandole il permesso di parlare.
"Non ci sono segreti. Il fatto è che quando lui mi ha detto cinquant’anni fa che mi voleva sposare, io gli ho risposto di sì, a patto che non mi toccasse mai".
Allora chiedo al vecchietto
"E lei ha mantenuto il patto?"
"Che c’entra, non si tratta di patti. Io le voglio bene, ho fatto quello che mi ha chiesto".
"E non avete mai fatto l’amore?
E i figli? Nella foto ci sono i vostri tre figli".
Si guardano e questa volta si danno reciprocamente il permesso di parlare.
"I figli li abbiamo presi tra i ragazzini abbandonati". Comincia lei.
"Ce ne sono a migliaia, che vivono male – continua lui – che vengono sfruttati e muoiono di stenti. Perché farne altri e lasciar morire quelli che ci sono già?"
Mi torna in mente di aver letto qualche giorno fa che solo a Mosca ci sono trentamila bambini che dormono nelle fogne o sui treni abbandonati.
Guardo i due vecchietti e osservo la loro grazia.
Che siano il prototipo di un’umanità responsabile, capace di scegliere il proprio destino?