Da mesi le nostre Forze Armate sono in Iraq. Questa presenza non ha prodotto nessun risultato concreto per la costruzione della pace e la lotta al terrorismo, ha invece assimilato il nostro Paese alle forze responsabili del conflitto. La supposta funzione "umanitaria" della nostra missione militare è vanificata dalla decisione di tutte le Ong italiane di rifiutare ogni collaborazione con le truppe e le autorità di occupazione.
La guerra prosegue tragicamente ogni giorno con il suo tributo di sangue e di lutti. Lutti e sangue che non hanno risparmiato neanche i soldati italiani dei quali piangiamo il sacrificio e anche in nome dei quali ribadiamo con ancora più forza il nostro "".
Ritirare il nostro contingente militare non è un atto di codardia o una fuga davanti al terrorismo. è un atto che può ridare la parola alla diplomazia, all’Onu, a quella "risoluzione di conflitti con altri mezzi" solennemente sancita dall’articolo 11 della nostra Costituzione. è un atto di coraggio. Il più nobile perché rompe il fronte di coloro che hanno eletto la guerra infinta e preventiva a moderno paradigma di governo del pianeta. è un atto di civiltà contro la barbarie, perché svuota i giacimenti di odio e conseguentemente contrasta in modo efficace la follia dei terroristi. è un atto di giustizia, perché ripropone l’urgenza di edificare un diverso ordine economico basato sull’equa e solidale ripartizione delle risorse. è un atto di pace, il solo che può costruire il futuro estirpando dalla storia guerre e terrorismi.
Al Parlamento, chiediamo di non restare sordo e di compiere con convinzione questo atto.