Senza titolo

ROMA
Polsi e caviglie legate a più riprese ad un letto di corsia, viso schiacciato sul cuscino. Ore e ore trascorse così, senza la possibilità  di vedere in faccia chi ha il compito di curare, senza potersi opporre a pratiche sgradite, costretta a subire tutto passivamente. Paola è un nome inventato, ma la sua storia è vera, verissima e non risale a 25 anni fa ma a molto meno. Paola è una ragazza con disturbi mentali, oggi ha 23 anni e vive in Sardegna, ma già  dall’età  di 17 ha dovuto sopportare l’umiliazione di essere legata a faccia in giù, nei momenti di crisi ha continuato a entrare e uscire da una struttura che non le dava quello di cui aveva realmente bisogno, cura e affetto costanti. Come Paola, Pietro anche ha ricevuto sofferenza più che assistenza. Molto tempo fa è stato ritenuto persona interdetta. Abbandonato dalla moglie e dai suoi tre bambini, ha cercato comunque di sopravvivere alla sua situazione. Aiutato dalla famiglia di origine, è riuscito a costruirsi una vita quasi autonoma, ha creato il suo luogo di vita, le sue giornate. Forte dei suoi successi qualche anno fa ha ritrovato i suoi figli. Ma l’avvicinamento è stato pesante e uno di loro ha forse chiesto più di quanto Pietro riuscisse a dare, e Pietro non ha retto il troppo carico. Qualche giorno fa Pietro ha cercato di suicidarsi: in queste ore è in coma e lotta per vivere. La sua colpa è stata quella di venire abbandonato da chi lo avrebbe dovuto aiutare, da servizi che non lo hanno sostenuto quando serviva, da assistenze che non hanno aiutato la famiglia che chiedeva aiuto.

La sua storia, come quella di Paola è una delle tante che l’Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica (Asarp), un’organizzazione fatta di familiari e di malati, può raccontare perché conosciuta di prima mano. Ma in realtà  è la storia di molte persone imbattute in servizi insufficienti che non trasformano in pratica i principi tradotti in legge 25 anni fa dal medico di Trieste Franco Basaglia.

E proprio per smettere "di raccontare che il malato ha diritto di parola, ma cominciare a farlo parlare realmente", come ben sintetizza Maria Grazia Giannichedda, della Fondazione Basaglia, personaggi noti come la stessa Franca Ongaro Basaglia, psichiatri come Mario Novello, Giuseppe Dell’Acqua, Franco Rotelli e rappresentanti delle associazioni di familiari come Ernesto Muggia, hanno lanciato in una due giorni partita giovedì scorso il Forum della salute mentale. Scopo, ridurre la dissociazione tra enunciati e realtà  nel campo delle politiche di salute mentale. Vale a dire porre enfasi sulle "pratiche" come base del cambiamento che parta e coinvolga in prima persona operatori e operatrici, forze politiche e sociali, istituzioni, movimenti.

Un dibattito appassionato ed estremamente concreto quello che si è tenuto nel Centro congressi Frentani di Roma e soprattutto molto partecipato: in sala più di 200 persone ogni giorno e con un numero di adesioni al Forum stesso ormai vicino a 600. "Oggetti veri come la casa, un reddito, il possesso delle cose utili, non sono riprodotti dalle cure di per sè – si legge nel documento lanciato come piattaforma base – Sono loro al contrario che permettono alle cure di avere il senso, la bellezza. Si dice "integrazione socio-sanitaria", ma è questo che con essa noi intendiamo". E i paletti della nuova "pratica" sono chiari: messa al bando completa delle pratiche dell’elettroshock come della contenzione, centri di salute mentale che seguino le esigenze dell’utente e che quindi restino aperti sulle 24 ore, più laboratori connessi con i luoghi della produzione, formazione e inserimento al lavoro, più case e meno posti letto in servizi psichiatrici di diagnosi e cura, nessun abbandono ma una presa in carico della persona sofferente, abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari. Il principio è che cittadinanza e salute sono inscindibili e la "pratica" non è più solo il mero "fare", ma la produttrice stessa di un’altra cultura, di un’altra politica e di un’altra realtà  possibile.

Da qui le stesse istituzioni sono chiamate a un ruolo attivo, soprattutto quelle locali, dove effettivamente la "pratica" si sviluppa. Fondamentali le Regioni, ma anche i sindaci, che in quanto firmatari dei trattamenti sanitari obbligatori hanno il ruolo di garanti della tutela del singolo così come gli stessi giudici tutelari. Quindi il lavoro da fare è tanto e per il Forum salute mentaleil primo passo sarà  quello di radicarsi sul territorio organizzando i tanti comitati regionali.

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