Due libri sull’handicap, verrebbe da dire. Due libri che indagano con ironia e tenerezza, con crudeltà e amore lo stato dei rapporti umani in questo Paese – in una città come Roma, in una come Milano – è meglio dire. Uno si intitola "Il sottoscala del sobborgo", l’altro "Il Quaderno di Manuel". "Il sottoscala del sobborgo" (Il Cavallo Bianco edizioni) è stato scritto da Roberto Giacchini, 32 anni, disabile psichico, ipovedente, "una vita travagliata" si legge nell’introduzione di don Luigi Di Liegro – dall’età di tre anni, quando suo padre se ne andò di casa, fino ai periodici ricoveri in cliniche psichiatriche e alle peregrinazioni della Stazione Termini di Roma -. Lui stesso scrive, in questi flash di vita quotidiana e metropolitana, a metà tra il diario e la poesia: "Quando ero piccolo mi dicevano: beato te, tu sarai un ragazzo molto fortunato. Difatti nella vita sono stato molto fortunato che più fortunato di così non si può. Mi hanno detto che a ventisei anni mi sposavo e difatti sono finito in clinica". Il lavoro di Giacchini è nato dall’ "incontro quotidiano" tra giovani con o senza problemi psichici, all’interno dell’Associazione volontari "Il cavallo bianco" che "per qualche destino strano si sono incontrate un giorno ai margini della strada". E un destino (come sempre) strano ha voluto che Umberto Lucarelli, già autore di altri due libri ("Non vendere i tuoi sogni, mai" e "Ser Akel va alla guerra"), incontrasse un giorno Manuel, ragazzo disabile. Lo ha incontrato tra i banchi della scuola dove insegna, un istituto professionale per disabili e stranieri di Milano. Da questo incontro non contemplato dai normali ritmi scolastici – e finito troppo presto, Manuel è morto – sono nati un libro e un film: "Il quaderno di Manuel" (Tranchidia editori), che ci lascia così: "Senza quel quaderno non potevo scrivere. Io dovevo scrivere di lui, che sappia la gente chi era Manuel, che la smetta di fottersene dei suoi sogni, dei suoi desideri. Della sua voglia estrema di star bene e non all’ospedale".