"Handicap e sessualità " è il tema trattato dal workshop svoltosi a Roma nei giorni di sabato 1 e domenica 2 marzo 1997, organizzato dal Centro italiano psicomotricità , in collaborazione con il Co.In. e l’Associazione volontari "Il Cavallo Bianco".
Hanno partecipato in qualità di relatori e coordinatori dell’esperienza: il dottor Rosario Di Sauro (psicologo e psicoterapeuta, direttore del Cip e docente del Sirpidi di Roma), la professoressa Adele Fabrizi (docente di psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale presso l’Università "La Sapienza" di Roma), il dottor Angelo Pennella (psicologo e psicoterapeuta, docente di psicoterapia presso l’Università "La Sapienza" di Roma).
Un workshop è un laboratorio di natura teorico-pratica. L’esperienza teorica sottolinea il concetto di sessualità al di là della pura genialità . L’atto sessuale non deve essere inteso come uno sfogo biologico, bensì come un evento psicosomatico caratterizzato dagli aspetti relazionali, intrapsichici e sociali. Una delle difficoltà è la conoscenza del proprio corpo. Ulteriori ostacoli sono imposti dall’opinione pubblica che spesso ed impropriamente si interessa alla sessualità . Una frequenza che ha risvolti positivi e negativi: positivo va considerato il crescente desiderio di comprendere il fenomeno, negativa invece l’esigenza di prendere le distanze da un tema troppo coinvolgente.
In particolare, il workshop era incentrato su una situazione specifica: l’analisi del soggetto disabile come soggetto. In questo caso è opportuno accantonare il concetto di prestazione puramente fisica per eliminare l’immagine distorta e parziale della sessualità nel disabile, che talvolta attraverso un’esplicita richiesta sessuale ricerca un’implicita risposta di carattere essenzialmente affettivo.
Nasce quindi la necessità di promuovere una valutazione qualitativa dell’esperienza sessuale e di eliminare l’idea di prestazione come dovere. Il disabile, psichico o fisico che sia, è una persona come le altre. Ha desideri e bisogni di carattere sociale, emozionale ed intellettuale. Fondamentali si rivelano l’informazione, la comunicazione e la competenza in materia da parte di tutti: diretti interessati, parenti, amici, operatori e terapeuti. Solo chi è molto informato e competente può comprendere fino in fondo le problematiche proprie ed altrui per produrre risposte esaustive.
La non-conoscenza è fonte di disagio ed insicurezza, componenti negative durante il processo di formazione del concetto di sè. L’autostima è necessaria per potersi relazionare in modo competitivo con il mondo che ci circonda in ogni ambito e situazione: per questo che l’attenzione è rivolta alla comunicazione.
Non è facile interpretare e tradurre correttamente le sensazioni che si provano durante una relazione, perché molto spesso non siamo in grado di percepirle. L’importante è non improvvisare, ma affidarsi ai consigli di un formatore competente che fornisca i mezzi per poter utili a noi stessi ed agli altri. Per questo molta rilevanza è stata data alle esperienze pratiche sui vissuti corporei, durante le quali gli operatori misurano le proprie capacità di comunicare attraverso il corpo, fuori dai canoni dell’usuale comunicazione vocale o visiva.
Un’esperienza nuova per molti e per questo interessante.