MARAT, UNA GIORNATA PARTICOLARE

Cominciamo dalla fine, dal pubblico che non se ne va, resta fuori del teatro Valle a chiacchierare come se si trovasse in una piazza. Cominciamo dagli applausi che sono stati lunghi, interminabili con i venti "attori" di IL TEATRO SOTTO ELETTROSHOCK ATTRAVERSO FRAMMENTI DEL MARAT-SADE che tornano ad affacciarsi in proscenio in una linea instabile, commossa, quasi incredula. Carlotta Corday dopo aver pugnalato un occhialuto Marat nella vasca da bagno al centro della scena, avanza stringendo la mano all’uomo "ucciso" in scena, ridendo con l’aria di chi ha appena fatto uno scherzo, siamo amici, non era vero niente. Stefano, uno dei ragazzi cerebrolesi dell’associazione del Cavallo Bianco che ha doti di improvvisatore a braccio, regala un corollario di poesie improvvisate.
Si firma, concludendo i versi di ringraziamento per Giovanna Marinelli e l’Eti che hanno messo a disposizione il Valle e reso possibile la serata respinta dai piani festivalieri dell’Estate Romana, "ecco a voi il clown Preferito", e dice "Oh grazie: la svolta è poesia". A D’Ambrosi sempre in movimento sulla scena come una presenza kantoriana è dedicato l’incipit "Oh Dario, oh Dario" – e la conclusione "ecco il dolor che calma".
Palchi e platea erano gremiti per questo evento irripetibile andato in scena al termine di un mese intenso di prove laboratoriali nella sede del Teatro Patologico. Del "Marat-Sade" di Peter Weiss sono rimasti dei frammenti messi in musica boccheggiante dal complesso "Frangar non flectar" e cantati, scanditi aritmicamente da un Parlamento inizialmente nascosto dietro maschere bianche lievemente porcine. Sullo sfondo un Cristo in croce dal corpo pieno di tatuaggi, e sparsi per il palcoscenico simile ad una pedana un pò lunare con salumi appesi a ganci di macelleria le figure di una strana Sacra Rappresentazione: un presepio profano raccolto intorno alla culla di Marat immerso in un bagno di sangue e pungolato da un mefistofelico De Sade "en travesti" con accenno di pasoliniano ragazzo di vita, Paolo D’Agostini. Teatralmente Fura Del Baus e la Raffaello Sanzio non erano lontani. Nel ruolo del Banditore di Peter Weiss, un piccolino in giacca e cravatta, Fortunato, ha letto la moralità  conclusiva "la rivoluzione è morta, viva la rivoluzione" raccontando il diario delle sue giornate di "diverso" per una sera, il tempo di uno spettacolo o di un valzer lento ballato sulla scena da vittime e carnefici simile agli altri. Poi sono cominciati gli applausi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *