Ä– un fatto ormai acquisito che le operazioni teatrali di Dario D’Ambrosi non siano stimolate da scelte di contesto, accomodanti; che non seguano percorsi regolari, ma si spingano alla ricerca di un teatro che superi, spesso, il limite estremo di tollerabilità e, sempre, che non sia un puro tramite di propaganda. Dato allora per scontato che tutti conoscano gli stilemi drammaturgici di D’Ambrosi, forse non tutti sanno che da cinque anni il suo laboratorio di "Teatro patologico" coinvolge i ragazzi cerebrolesi dell’Associazione di volontariato "Il cavallo bianco". Per l’occasione del "Marat-Sade" è stato coinvolto un gruppo di giovani provenienti dal Canada, dalla Francia, dalla Germania, dalla Cina e dalla Lituania.
L’incontro europeo è stato concretizzato in collaborazione con lo YAP (Youth action for peace, Giovani in lotta per la pace) che è un’organizzazione di volontariato internazionale sorta subito dopo la prima guerra mondiale. Yap e "Il cavallo bianco" cooperano dal 1995, da quando cioè è nata l’idea "di far vivere una forte esperienza di integrazione sociale a ragazzi italiani ed europei con e senza disabilità ". Da questo progetto di sintesi, "di incontro nella diversità " si è sviluppato "Il teatro sotto elettroshock attraverso frammenti del Marat-Sade", che l’E.T.I. ha voluto andasse in scena al Teatro Valle.
D’Ambrosi sceglie la forma dell’happening, di spettacolo cioè affidato all’improvvisazione di gruppo, perché è la struttura che meglio soddisfa le istanze espressive dei due obiettivi della performance: la forte contestazione sociale (Marat) e l’esigenza di scardinare gli schematismi, le omologazioni, "i sogni da quattro mila lire" (Sade).
D’Ambrosi riattualizza, organizzandolo attraverso chiavi di lettura originali, di prospettive decontestualizzate, il teatro della crudeltà di Artaud. Affrancandolo dal senso letterale conferisce al suo significato il valore di tensione verso il vero e l’autentico. Il nucleo dello slancio poetico in tutti i suoi lavori sta proprio nello sforzo di liberazione dai condizionamenti dell’ambiente e dalle inibizioni personali, per il raggiungimento di un’autonomia totale dell’emotività in un corpo assolutamente plasmabile all’espressione.
Ä– dunque verissimo che l’allestimento dei frammenti del "Marat-Sade" è per D’Ambrosi un punto d’arrivo. Coinvolgere nell’esperimento i ragazzi bravissimi della comunità "Il cavallo bianco", accompagnati dalla session live dei "Frangar non flectar", si è rivelato un espediente sicuro per una più facile attuazione dello spettacolo. Perchè il "Marat-Sade" è in realtà un testo arduo solo per i soggetti "normali". Per tutti coloro cioè che non dispongono con naturalezza dei tempi del sogno, che restano coinvolti dai parametri di un mondo imbevuto di formalità e opportunismi, che ignorano i meccanismi basati sulle assonanze verbali, sui giochi di parole, sulle associazioni di idee. Sulla possibilità di considerare la realtà da un punto di vista assolutamente personale. E dall’insieme delle molteplici necessità provenienti da diverse direzioni prende forma l’ambiente. Ogni essere, dunque, contribuendo a costruire lo spazio comune si rivolge al suo simile. E nella coesione dei due momenti l’uomo infine comprende l’altro. Così come i ragazzi del "Cavallo bianco", dello Yap, del pubblico entusiasta che li ha applauditi a lungo, hanno realizzato.