, per loro e stata un’opportunità . Internati per anni nell’orfanotrofio di Begoml, una struttura delIa Bielorussia dedicata ai bimbi oligofrenici, delle radiazioni hanno sentito parlare solo molto tempo dopo. Non c’è stata contaminazione, laggiù.
Invece la tragedia ha regalato un’occasione: partecipare ai progetti di soggiorno temporaneo in Italia. è così che è cominciato tutto, con un’associazione di volontariato di Roma è Il Cavallo Bianco (www.ilcavallobianco.it) del circuito di Capodarco è impegnata in Bielorussia e ancora oggi al lavoro in quattro centri per gli adolescenti con disagio psichico.
Ivan, Anja, Misha, Maska, Ruslan, Olga, Seghej vengono tutti da lì ma ora vivono in Italia e, insieme, hanno creato "Matrioska", una cooperativa sociale integrata che si occupa di riprese e fotografie. è un percorso di autonomia che punta dritto al futuro per questi giovani portatori di una sottile diversità e di un terribile passato.
A raccontarli, più di tutte le parole, e una piccola mania di Misha: colleziona torce, una più grande dell’altra, una più luminosa dell’altra. E non bastano mai perché la luce e un bisogno vitale, come l’aria o l’acqua per chi ha conosciuto il buio.
Ruslan è il più estroverso. Vent’anni, un bel ragazzo con gli occhi azzurri e profondi che da quando vive in Italia, ha fatto suo anche un vago accento. Da piccolissimo è stato tolto alla famiglia dove circolavano troppe bottiglie ed e finito a Begoml. Dei genitori non sa nulla, ma ricorda bene i dieci anni di Internato dove, dice, "se non lavori non conti nulla, non esisti". Significa che i ragazzini, anche piccoli, dovevano andare nei campi a spostare le pietre, a raccogliere le patate. Vuol dire che la povertà era tale che, a volte, non avevano neanche da mangiare.
Nel 2002 è arrivato in Italia per tre mesi, accolto da una famiglia.
"Ho chiesto io a mio padre – racconta – di prendermi in Italia con lui".
"Mio padre" sottolinea Ruslan con un misto di orgoglio e fiducia. Il percorso è stato lunghissimo ma poi è giunto al traguardo.
Per altri di questi giovani le cose non sono andate così e non per mancanza di volontà ma per le infinite liturgie burocratiche. Alla fine la soluzione immediata: permesso di soggiorno perché le famiglie li hanno denunciati come colf o badanti.
lentamente. è lui che colleziona torce. Il perché lo capisci quando guardi il primo film che i ragazzi hanno girato; un secondo uscirà a breve. Le scene tetre dell’intemo dell’Istituto dove decine e decine di ragazzini seguono la macchina per le riprese. Topolini dell’oscurità . Il buio torna spesso nei discorsi di questo ragazzo di 27 anni che parla come un bambino e che cita continuamente, quasi a farsi coraggio, il fratello gemello Ivan.
La prima volta che è arrivato in Italia era stato separato da lui. Misha in una casa, Ivan da Gaia Carletti, oggi responsabile del progetto che li accomuna tutti. Insieme erano una microscopica famiglia. Misha è stato internato per nove anni poi, nel ’95, il primo viaggio in Italia per un soggiorno di qualche mese. Il passato è un racconto confuso e pesante come i sassi che trasportava da ragazzino. I suoi punti di riferimento sono tutti qui: i sassi, il buio, i cani: "Nell’intemato c’erano tanti cani e un giorno e arrivata la polizia e li ha uccisi".
Difficile pensare che il tempo possa cancellare gli incubi che lo inseguono. Ma ora lui e Ivan hanno una famiglia (vivono con Gaia) e un lavoro, hanno amici e serate in pizzeria. "Quando siamo arrivati in Italia tutti dicevano che ero magro ma io non capivo". è Gaia che interviene, che spiega, che conduce in qualche modo la conversazione a tratti difficile.
"La prima volta che questi ragazzi, un gruppo di 35, sono arrivati da noi erano poco sviluppati. Avevano dieci, dodici anni; sembravano bambini di sei".
Anja. La sua storia, se possibile, e ancora più difficile di quella degli altri. Perchè Anja ha rischiato di non farcela. Il canovaccio è identico: genitori alcolisti, internato, primo viaggio in Italia dove, per motivi di salute, è rimasta due anni. Poi il rientro in Bielorussia. Ma superata una soglia anagrafica, per i ragazzi delÌInternato non c’è alternativa: O la scuola professionale di due anni o la struttura psichiatnca dalla quale solo in pochi riescono ad uscire. Anja era finita lì. Tocca a Gaia spiegare ancora una volta. L’associazione di volontari ‘Cavallo bianco’ ha aiutato Anja con il supporto di una famiglia della Bielorussia che ha acconsentito a prenderla in affido. In Italia Anja e tornata presso chi l’aveva già ospitata. Padre, madre e due "sorelle" che oggi le hanno dato anche dei nipotini.
Di questo gruppo la più grande è Maska. Trent’anni e un’energia contagiosa sotto un caschetto biondo che agita in continuazione. è bravissima nelle riprese e ha nel cuore la figlioletta di un’amica russa alla quale ha fatto da madrina. Lei è contenta, ogni tanto, di tornare nel paese d’origine. "Vado dalla mia figlioccia ma poi, dopo qualche settimana, sento il bisogno di rientrare. Mi manca il cibo, lo shopping, tutto".
ha regole precise. Anche se, parola di Gaia, non sempre è facile farle rispettare. Le regole, per loro, erano la legge dell’internato, qualcosa da superare a tutti i costi. Serghej è il più taciturno: una domanda e lunghe pause. Un modo lento di insistere sulle vocali trascinando parole e pensieri in un unicum che a volte diventa oscuro. Che cosa ti mancava di più? La pausa diventa eterna. Serghej ha una vita nuova e non vuole, o non riesce, a tornare al passato.
Olga non interviene mai e resta chiusa nel suo angolo. "Anche lei – precisa sorridendo Gaia – ha un caratterino …". Però è così indifesa e silenziosa da apparire fragilissima. Ha 25 anni ma ne dimostra
molti di meno. A sei anni era già internata, poi ha trovato una famiglia, in Italia. Ma non funzionava. Nel suo bagaglio di ricordi c’è una madre naturale, in Bielorussia, che beveva e la picchiava con un bastone.
Difficile pensare che non si trascini dietro un fardello pesantissimo. Gaia la protegge o, come ama dire lei, "la accompagna". Perchè è questo che fa per aiutarli davvero:offre loro la possibilità di essere se stessi.