Alessandro Baricco “abbandona” per qualche giorno “penna e calamaio” e, forse a causa della poca soddisfazione relativa ad alcune precedenti trasposizioni cinematografiche tratte dalle sue opere, si persuade a far tutto per proprio conto ed a cimentarsi con la macchina da presa e tutto il corollario delle “cose” indispensabili a “fare un film”.
Così, in apertura, appena prima del titolo, declina le generalità di una buona fantasia visiva (una bara trasportata da funerei figuri a spasso tra neve e ghiaccio…), poi lancia una sventagliata di diapositive in sequenza e poi ancora bosco e neve e, in campo lungo, un suonatore di violino. Insomma…magari o scolastico, .
Ed in effetti ; uno strano “script” infarcito nondimeno con strani personaggi (maestri della neve, maestri degli uccelli, direttori dei venti…) con un piano del racconto che si alterna su vari livelli, tra presente e passato ma non di certo in un “tradizionale concatenamento” e che mano a mano che i particolari, le curiosità, le considerazioni e gli aneddoti vanno incasellandosi senza uno schema temporale ordinato
Come già nel suo stile di scrittura, Baricco evoca “duelli immaginari e fascinosi duellanti”, sfide “all’O.K. Corral” senza pistole e magari con “il buono” disarmato sul palco di un teatro ed “i nemici”, che invece di sparare prendono d’improvviso a sventolare fazzoletti bianchi…. ma è il modo di procedere che lo caratterizza, quel suo essere intriso in qualche modo di “America e McCarthy”, ed
E nella descrizione allora la musica diventa “fatica…prigione….oltre che tecnica”…i contrabassi “parlano” fra loro, ed ogni tanto l’immagine cede il passo alla narrazione pura e semplice, che della “figura” potrebbe anche fare a meno…spesso dal cinema si viene dirottati verso “altro” e …. e musica “vecchia scritta da un vecchio”…. è la “Lezione 21” del mitico Professore universitario Mondrian Killroy (o di Baricco stesso?…), già personaggio del libro “City”, attraverso la quale veniamo introdotti ad alcune interessanti considerazioni sulla “9^ Sinfonia di Beethoven” ed il suo crepuscolo di uomo ed artista, alle magnificazioni sull’opera e la capacità di un uomo che ha inciso il suo nome nella storia ed i fatti contingenti della storia stessa che lo hanno costretto a defilarsi nell’ultimo tratto della sua vita, passando per le pungenti “accuse ed argomentazioni” dei suoi detrattori.
In alcuni passaggi il regista/sceneggiatore riesce ad esser , ed in questo procedere “tra fiaba, musica ed aneddoti reali”, attraverso il grande schermo, , magari non portando precisamente a compimento il “presumibile grande intento originario”, ovvero creare “vera arte che racconta vera arte”, ma riuscendo a fare di una “vecchia storia apparentemente noiosa ed elitaria” un dinamico racconto capace di incuriosire, spiegare, ricostruire….
“Lezione 21”: un “ibrido” interessante, che con pochi (…….) va dritto al bersaglio principale, senza curarsi magari di sfiorare o mancare in parte quelli “secondari”….