(…l’antica divinità del matrimonio e del parto…) scende in terra per parlarci delle tematiche che da sempre noi (fallibili) “mortali” l’abbiamo chiamata a rappresentare; assume sembianze di bambina (una Ellen Page “irresistibile”!!…) e, anziché cercare di conquistare i favori di Giove, si “concede” distrattamente (ma con purezza ed ingenuità…) all’imberbe ragazzino mangiatore di ciambelle fritte “Paul detto Bleeker” (un “tenero” Michael Cera).
Quindi il “soffio divino” invia loro il “frutto dell’amore”, che oramai, teorema che va per la maggiore, è tanto difficile accogliere e comprendere… ed allora parte la “lunga camminata” di questa “specie di commedia” indovinatissima del “figlio d’arte” Jason Reitman (che già si era fatto notare con l’ironico e pungente “Thank you for smoking”).
Juno McGuff, “la ragazzina”, parla un linguaggio sintonico con la gioventù fin dal principio, ad esempio tramite la felice intuizione visiva che la porta in giro nel “misto-cartoon” che accompagna i titoli iniziali, e proseguirà lungo tutta le pellicola con altrettante vitalità e freschezza, per ragioni dovute in parte consistente ad una sceneggiatrice donna con trascorsi di spogliarellista (Diablo Cody) evidentemente parecchio disinibita, ma che proprio per questo riesce a descrivere con soavità e leggerezza pur senza trascurare l’indirizzo di una profonda riflessione, un universo “giovanile” dalle variegate sfaccettature, e dentro al quale riesce a districarsi, uscendone vincente, per mezzo di dialoghi pepati ma intelligenti, spiritosi ma capaci di stimolare il pensiero e la riflessione.
La critica alla realtà di un mondo adulto “inadatto, imbelle ed immaturo” talvolta si staglia con nettezza, oppure fa capolino di continuo, filtrata da una atmosfera ilare ma che non concede sconti al di sotto di una certa soglia “etica”.
Impietoso, se vogliamo, risulta essere il confronto tra Juno, (“…lo gnometto…il fagiolo… il pesciolino…”) e le figure genitoriali di riferimento, un padre per sua stessa ammissione “nato per riparare impianti di riscaldamento” (anche se nel finale troverà, a modo suo, un parziale riscatto della sua persona…) ed una matrigna che baratterebbe volentieri la figliastra con dei cani…. e si ritrova quindi con il suo prezioso vaso pieno di “risentimento e porcherie”.
Meno forniti degli “strumenti” adatti alla bisogna gli adolescenti Paul e Juno, invece, tentano, cercano, smarriti e spauriti, di “volare” sopra una realtà più grande delle loro possibilità e progettano di “continuare” la loro adolescenza una volta passata la “prematura tempesta del parto”.
I fatidici “nove mesi” passeranno, scanditi dal passare delle stagioni, entrando in “sordidi ambulatori” talmente deprimenti da far passare del tutto ogni voglia di aborto o intavolando “ridicole ed illuminanti” trattative di adozione, con annessi avvocato ed elenco di compensi e spese mediche (la scena in questione è un “quadretto” d’insieme gustoso ed imperdibile).
Tra “Tic-tac all’arancia”, divorzi improvvisi, ragazzi che corrono con ogni clima e che sembrano quasi suggerire una metafora della loro esistenza, calzini a righe ed ospedali, viene fuori il ritratto di un “mondo assente ed impreparato” ad accogliere una nuova vita, dove ognuno insegue esclusivamente il suo destino o la sua chimera (come ad esempio Vanessa, la “madre adottiva prescelta”…) e che ci restituisce nel corpo gracile e minuto di una sedicenne che già guida l’automobile l’unico essere che cerca con fatica e confusione di metter in campo un pochino di sensibilità e raziocinio, barcamenandosi tra personaggi che sfoggiano le loro letture ed ostentano sicurezze, ma che vengono surclassati dalla imbarazzante e semplice lucidità di uno “scricciolo” costretta ad essere “santa ed eroina per forza” , che in definitiva solo a se stessa deve dire grazie delle scelte maturate e che nonostante sembri superficiale ed impulsiva , tra volti interdetti, consigli e ragionamenti cinici, sicurezze labili ed amore ad intermittenza.
…. fresco, spumeggiante ed anche divertente, con battute che potrebbero sostenere degnamente una commedia nel senso vero del termine, quale “Juno” sembra a tratti essere, salvo bruscamente ricondursi con pochi passaggi dentro tutta la “gravità” del tema.
“Tornerai qui alle tue condizioni, un giorno…in un altro tempo, in un altro modo…” dice il padre alla figlia in ospedale, riassumendo forse tra le righe tutte le colpe soprattutto di una società e delle sue figure responsabili che non hanno consentito, a causa della loro inconsistenza e pressappochismo, di far in modo che i tempi fossero quelli “giusti e maturi”. Se nascerà o meno questo bambino ve lo lascerò scoprire da soli, ma sappiate fin da ora che la ditta “Reitman & Cody” non è avara di speranza…