LA PERSONALIZZAZIONE DEL Progetto DI VITA Fare spazio ai significati costruiti dalla persona con disabilità

Il è uno dei temi che ricorre con maggior insistenza nella riflessione sulla disabilità degli ultimi anni.I concetti sottostanti a tale definizione non sono però sempre chiari né scontati, così come i presupposti e le condizioni per una sua concretizzazione.Infatti, a seconda della prospettiva in cui si è situati, il potrebbe essere assimilato a una semplice proiezione dell’esistenza della persona attraverso una sua sequenzializzazione spazio-temporale, oppure essere collocato in una fitta trama di interazioni o, ancora, essere accostato all’immagine che la persona disabile ha della sua proiezione verso il futuro.
Come si può osservare, sono qui rappresentati :- quello , che lo considera come una variabile indipendente rispetto alle diverse interazioni e percezioni della persona che si attivano nel corso della sua vita;- quello , che recupera il concetto di relazione e quindi il ruolo dei diversi contesti nella costruzione della disabilità e delle diverse opportunità di vita;- quello , infine, che pone come centrale la prospettiva esperienziale di chi vive quotidianamente attraverso il proprio corpo, la propria mente e le proprie emozioni le pratiche di gestione culturali e istituzionali della condizione disabile.

.Vediamo in che senso.
1 – . Nell’approccio razionale, il riferimento alla sequenza spazio-temporale ha un’attenzione prevalente alle diverse e possibili transizioni che segnano la vita delle persone (percorsi di istruzione, lavoro e/o servizi assistenziali e/o centri), alle temporalità e agli interventi atti a costruirne le condizioni.In questa prospettiva emergono due criteri che si trovano in relazione fra loro: il primo, relativo alla , focalizza l’attenzione sul livello di gravità del deficit e sui conseguenti gradi di autonomia, determinando una ; il secondo, utilizzato per la progettazione, si ispira a un processo di razionalizzazione definito dall’esterno, che tende a prefigurare in modo sequenziale lo .
2 -. Nell’approccio sociale, l’attenzione è posta su quei vincoli culturali, normativi e organizzativi, che possono rappresentare delle barriere per la piena partecipazione della persona con disabilità all’esperienza sociale. .In questa dimensione, il implica, dal punto di vista concettuale della disabilità, l’.L’azione progettuale tende, di conseguenza, a prospettare le condizioni entro le quali i contesti e le organizzazioni possono ridefinirsi per permettere lo sviluppo di un che abbia davvero un senso inclusivo.
3 – . Il punto di vista esistenziale pone invece l’attenzione sui significati costruiti ed espressi dalle persone con disabilità, mettendo così in crisi il carattere oggettivo della norma. Nel corso della sua opera, , introduce il tema dei significati soggettivi come nodo della riflessione attraverso la netta distinzione fra le norme e le leggi che regolano i fenomeni fisico-naturali e l’esperienza dell’uomo. Infatti, si può vivere con un deficit, con delle affezioni, ma:
.

La prospettiva che è stata ora delineata ha un forte impatto sulla definizione del , in quanto introduce il senso che gli viene attribuito dalla persona con disabilità, il quale comprende non tanto e non solo la condizione attuale, ma soprattutto le proiezioni verso il futuro.In questa dimensione, il punto di vista concettuale sulla disabilità e la conseguente progettazione richiedono di ridare voce alla persona attraverso la riduzione del linguaggio tecnico-normativo e il riconoscimento delle diverse pratiche discorsive, compresa quella che la persona fa o non fa di se stessa.
. Evidenziare alcuni approcci al , oltre che collocare teoricamente le argomentazioni, permette di sottolineare le possibili differenze fra diversi percorsi; infatti .Ma, accanto alla riflessione sui presupposti, diventa altrettanto necessario individuare alcuni dei e degli , che possono frapporsi alla definizione di un per la persona con disabilità; per questa analisi, si utilizzeranno – che permetteranno di collocare il tema in una serie di relazioni utili a metterne in luce le difficoltà di elaborazione.

Nella , lo sguardo alla condizione delle persone con disabilità consente di . Infatti, una proiezione progettuale verso il futuro, come può essere .
. .In questo ambito, si pone un primo interrogativo:

1 -. Per entrare nel merito del problema può essere utile riferirsi alle riflessioni di relative alle e ai che, assieme al concetto di (che qui non verrà approfondito), meglio aiutano a descrivere .Ne , descrive gli incontri sociali quotidiani delle persone, utilizzando la metafora del teatro e pone una .Con , egli intende tutto il processo di scambio che si attiva in un incontro sociale, con sottolinea invece l’attività messa in atto dai partecipanti all’interazione volta a influenzare le percezioni reciproche, mentre la viene definita come il modello di azione prestabilito che si attiva nelle diverse situazioni.Le difficoltà che si evidenziano in questo gioco sociale per le persone con disabilità riguardano non solo le possibilità di interazione sociale, ma soprattutto il tipo di rappresentazione loro concesso e la parte che a esse viene destinata. Infatti, l’emergere di stereotipi relativi alle difficoltà comunicative, cognitive e relazionali delle persone con disabilità restringe le opportunità sociali solo ad alcune interazioni in cui la rappresentazione è povera di contenuti e di ruoli, limitando le opportunità di giocare ruoli sociali. La continua relazione tra stereotipi, interazioni definite e ruoli sociali impoveriti porta così alla definizione di un ruolo sociale marginale, che progressivamente costringe la persona disabile all’interno dello stereotipo comune di inabilità.
2 – . Questa condizione può essere descritta anche con un’altra riflessione di , che riguarda l’: quest’ultima, però, si trova in stretta relazione alla possibilità di differenziare il pubblico, cioè di avere a disposizione più territori ideali e concreti per poter mettere in scena e sperimentare più ruoli sociali.Il tema del controllo riveste un’importanza particolare in quanto le persone disabili, avendo a disposizione pochi territori e, quindi, scarse possibilità di mettere in scena una rappresentazione, faticano a costruire processi di controllo efficaci.Tale condizione determina un duplice effetto: da una parte porta ad accentuare il controllo delle poche ribalte che sono state costruite (da qui la difficoltà a uscire dalla ) e, dall’altra, a non avere il controllo di quelle situazioni che non rientrano nel canovaccio di vita quotidiana (da qui la difficoltà a sostenere la varietà delle situazioni relazionali e sociali non ).A proposito degli effetti ora evidenziati, è opportuno riprendere un passaggio della teorizzazione di :
.
. Le difficoltà a rendere ricco di interazioni il hanno come conseguenza immediata la riduzione e l’impoverimento del , che si accentuano nel momento in cui si prendono in esame.
1- . Le persone con disabilità normalmente affrontano la propria esistenza a contatto con luoghi specifici, funzionalmente diversi da quelli in cui vivono le altre persone: ne sono un esempio gli studi degli specialisti, che periodicamente valutano l’evoluzione delle condizioni della persona nei luoghi della riabilitazione, in quelli delle aule di sostegno, delle scuole potenziate o delle classi speciali, dei centri diurni, dei centri per le autonomie, dei centri di formazione e inserimento lavorativo per disabili, dei centri residenziali.Tali spazi sono pensati e costruiti sulla gravità o sull’assenza di quelle condizioni che fondano la socialità, la comunicazione, la capacità lavorativa, la capacità di apprendere, per cui la loro esistenza è vista in rapporto all’incapacità o alla difficoltà della persona disabile a vivere gli spazi che la società mette a disposizione delle persone che vivono in essa.Da qui deriva che, se la caratteristica sociale dei luoghi e degli spazi sociali è quella di poter essere attraversati, utilizzati, scelti, significati da chiunque voglia collocarsi in essi, anche per condizioni temporanee come quelle relative alla salute, .
2 – . Un altro elemento che accentua il carattere dei luoghi per la disabilità, soprattutto adulta, è quello della .
. Il restringimento degli spazi sociali e delle possibilità di assumere il ruolo di attore sociale porta con sé un’ulteriore conseguenza, cioè la riduzione delle traiettorie di vita.
1 – . A tale proposito, sottolinea come la .In questa prospettiva, .Per la riflessione che si sta conducendo, risulta significativo interrogarsi non solo sulle , ma anche sugli intrecci che si possono costruire con : ad esempio, .Questa intersezione fa sorgere un secondo interrogativo: che tipo di traiettoria si presenta nella persona con disabilità? Quali intrecci fra traiettorie sono possibili?Uno sguardo alle condizioni della disabilità porta ad affermare che la traiettoria prevalente, pur in presenza delle diverse tipologie, comprende ruoli istituzionali e sociali contraddistinti da dipendenza assistenziale; in altri casi è caratterizzata da quella , .
2 – . Con il passare degli anni si assiste a un .Questa condizione può essere spiegata con il , che descrive quegli ambiti del sociale dove le persone tentano di conquistare risorse importanti: queste possono essere di natura economica, sociale (inerenti la quantità, qualità e modalità delle relazioni), culturale (relative ai livelli qualitativi dell’ educazione e alla partecipazione ai saperi).Come si può osservare, .

L’analisi che si sta conducendo si intreccia con una seconda prospettiva, quella istituzionale, che coinvolge il ruolo delle Istituzioni e delle politiche sociali nella definizione di un : il problema che emerge riguarda il rapporto tra una dimensione standardizzata istituzionalmente (ad esempio, il percorso scolastico oppure la scelta dei servizi) e la personalizzazione dei passaggi di età e dei relativi .
. Tale rapporto fa sorgere immediatamente il seguente interrogativo: qual è la possibilità di azione della persona disabile o della sua famiglia nel momento in cui il loro percorso si intreccia con proposte istituzionali già definite e preordinate?A questo proposito propone il , con il quale intende sottolineare la possibilità di della persona, nel momento in cui questa viene a contatto con le dimensioni sociali, istituzionali e normative.In quest’ottica, l’autore citato propone .Quelle interessanti per il discorso sulla disabilità sono la prima e l’ultima dimensione, in quanto descrittive di una condizione biografica vincolata istituzionalmente. Infatti, la persona disabile non ha un controllo nei passaggi di , in quanto questi sono soggetti a norme istituzionali e a percorsi standardizzati in base alla gravità (percorso scolastico, servizi come Centro diurno disabili, istituzioni come il Centro residenziale disabili), né ha la possibilità di rendere reversibile una condizione come quella della istituzionalizzazione. Ciò significa che .A tale proposito, , nella sua riflessione sulle posizioni di afferma:
.
In questo processo di omogeneizzazione, le politiche sociali assumono, quindi, un ruolo significativo tanto da portare alcuni autori a parlare di e del .Riferendosi a questi concetti, Saraceno sottolinea:
.
. Ne risulta un’organizzazione che, assieme alla omogeneizzazione e alla categorizzazione, introduce processi di segmentazione istituzionale, creando servizi specifici.
. Nel caso della disabilità adulta, potremmo descrivere la situazione attraverso una serie di passaggi da un’Istituzione all’altra.Dopo il percorso formativo assicurato dalla Scuola, la persona disabile può accedere all’inserimento lavorativo e, qualora ciò non fosse possibile, come in genere avviene, viene accolta in un Centro diurno che cerca di rinforzare le abilità relative all’autonomia.Il passo successivo è l’ingresso in un centro residenziale, che diventerà il luogo di vita definitivo. Questo percorso è naturalmente ipotetico: infatti, ci possono essere inserimenti precoci nei centri residenziali o percorsi più specifici per le autonomie o, ancora, inserimenti lavorativi che impediscono un’istituzionalizzazione.Ciò che però si evidenzia è che .Questo diventa un fattore di rischio e di vulnerabilità sociale, in quanto limita le opzioni e introduce le persone con disabilità in percorsi senza uscita: in questa prospettiva il assume un carattere burocratico, che si riduce a una semplice definizione di sequenze temporali standardizzate.

In una prospettiva , il problema maggiormente evidente riguarda l’eccesso di settorializzazione, che oggi caratterizza sia la progettazione sia la proposta di esperienze. Infatti, da una parte esiste un’elevata proliferazione di interventi – come, ad esempio, per il tempo libero – che sono legati più a singole categorie di deficit e di compromissione piuttosto che a un piano complessivo e coordinato. Dall’altra, si determina un’attenzione e una centratura della progettazione e degli interventi sui singoli contesti, che, il più delle volte, producono un’autoreferenzialità che (come sta accadendo, ad esempio, ai Piani educativi della scuola e dei servizi) impoverisce il loro potenziale di cambiamento complessivo.Dagli esempi ora proposti si evidenzia come l’ottica della settorializzazione da sempre privilegia un singolo segmento dell’esperienza (ad esempio, la scuola o l’extrascuola), un contesto (la classe o il gruppo dei pari) o un periodo particolare della vita (infanzia o maturità): ciò ha portato a diverse distinzioni, non solo terminologiche ma anche concettuali, come la separazione fra integrazione scolastica e sociale. Sembrerebbe che tale specificazione, come altre, possa portare con sé maggior chiarezza sia nell’analisi sia nella progettazione nel singolo contesto, ma una riflessione attenta permette di evidenziare i rischi insiti in un’operazione che introduce una differenziazione attraverso la negazione di una relazione fra i processi presenti nell’organizzazione scolastica – ad esempio, quello dell’integrazione – e quelli che si attivano nel sociale.
: non è un caso che, a differenza delle persone senza disabilità, la loro storia sia prevalentemente narrata in modo frazionato da atti e relazioni di specialisti, di strutture e di servizi.Nella prospettiva della settorializzazione, quindi, le segmentazioni specifiche, con le conseguenti differenziazioni spazio-temporali, introducono elementi di frammentarietà, rendendo problematica la costruzione di .

Dalle argomentazioni precedenti, si evidenzia come i vincoli e gli ostacoli a un possono avere origine da una progettualità settorializzata che diventa spesso autoreferenziata, da una situazione sociale che non crea possibilità di interazione e di traiettorie significative, da istituzioni e politiche sociali che riducono l’ delle persone con disabilità e delle loro famiglie.Evidenziare gli impedimenti a un ha l’obiettivo di recuperare la complessità del concetto e, contemporaneamente, di rilanciarne la costruzione all’interno di riflessioni e azioni che intrecciano il significato e i fini della progettualità, l’intervento sul sociale, il rapporto fra Istituzioni, politiche sociali e possibilità di azione e di scelta delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
. Rispetto alla settorializzazione progettuale,.A tale proposito ipotizza la presenza di :- , che comprende la persona nelle sue interazioni quotidiane a casa, a scuola, in un servizio e nelle altre diverse situazioni;- , che implica l’insieme degli scambi che avvengono fra i vari microsistemi (ad esempio, il rapporto fra scuola e famiglia, fra un centro diurno e la famiglia); – , che è costituito da quelle situazioni a cui la persona non partecipa attivamente, ma nelle quali si producono eventi che hanno riflessi sull’ambiente nel quale vive l’individuo;- , che comprende sistemi di credenze, stili di vita legati a sistemi che coinvolgono i livelli socio-economici, culturali, religiosi e politici.
Come si può osservare, nella prospettiva appena citata la relazione persona con disabilità-scuola-famiglia o persona con disabilità-servizi-famiglia o servizi-territorio rappresenta una struttura relazionale trasversale in quanto coinvolge sia gli aspetti interni alla singola situazione (scuola, famiglia, servizi, territorio) sia situazioni che coinvolgono indirettamente la persona disabile (ad esempio, relazioni fra genitori e insegnanti, genitori ed educatori), ma che hanno riflessi importanti sulla sua esperienza.Tale punto di vista diventa importante per un , in quanto porta a non isolare la serie di relazioni, che si attivano attorno alla persona disabile e a ricercare l’insieme delle interrelazioni, che possono spiegare, ad esempio, la natura delle situazioni critiche e di quelle potenzialmente in grado di favorire cambiamenti positivi.Questo sfondo diventa decisivo, in quanto permette di (ad esempio, famiglia e territorio).
.Non è più infatti sufficiente pensare a un obiettivo (ad esempio, l’apprendimento del calcolo o di un’autonomia) nella sola visione strumentale, senza che si sia definita una sua validità ecologica (quale vantaggio procura, come può essere speso nell’ambiente, quale apporto dà al complesso delle autonomie, ecc.), oppure sostenere le relazioni sociali nella scuola o nei servizi, senza che queste vengano collegate e proiettate verso l’extrascuola e le sue rappresentazioni.
. .In questa direzione risulta importante ancorare le mete, gli obiettivi e gli interventi alle relazioni tra persona, corso di vita e contesti, relazioni che, proprio per la loro natura dinamica ed evolutiva, assumono un carattere di flessibilità e di modificabilità.Queste sottolineature hanno una ricaduta importante anche sull’intervento educativo, in quanto il concetto di , legato a quello di , va considerato collegato sia alla specificità delle fasi e alla loro relazione sia alla significatività delle transizioni.Questo significa che l’intervento educativo in una certa fase della vita di una persona disabile, ad esempio adolescenza o maturità, richiede certamente un’attenzione alla specificità di quella fase, ma anche una relazione con le fasi precedenti e una proiezione al futuro, alle fasi successive. Ma non solo: vanno infatti indagate e sostenute anche quelle transizioni definite normativamente, che hanno un alto grado di significatività come, ad esempio, l’ingresso a scuola oppure al lavoro o in un servizio.
: infatti è spesso presente una certa contrassegnata da fatti sempre uguali e dall’impossibilità del cambiamento, oppure da un concetto di sviluppo fissato su una certa fase – quella di eterno bambino – o, ancora, dall’attesa di quelle transizioni che segnano la vita delle persone (il lavoro, il matrimonio, i figli).L’ porta comunque con sé anche un , cioè quello di servizi ai quali abbiamo fatto riferimento in precedenza.
. Queste ultime sottolineature introducono un ulteriore elemento di riflessione che riguarda l’ambito sociale e cioè la .Questo obbliga, quindi, a interrogarsi sulle possibilità di accrescere le esperienze istituzionali, sociali, lavorative e, conseguentemente, di arricchire l’esistenza delle persone con disabilità di fasi e transizioni non necessariamente normative.
in un suo saggio ha messo in evidenza come .In questa prospettiva .A tale proposito , seguendo l’approccio di , ne propone tre diversi tipi:
: le doti innate degli individui che rappresentano la base necessaria per lo sviluppo di capacità più avanzate;: vale a dire gli stati della persona stessa che sono, per quanto la riguardano, condizioni sufficienti per l’esercizio delle funzioni richieste; la maggior parte degli esseri umani adulti ha dovunque la capacità interna di libertà religiosa e di parola. Infine, vi sono, che possono essere definite come capacità interne combinate con condizioni esterne adatte a esercitare quella funzione.
Come si può osservare, .Nelle riflessioni di , .Ad esempio, l’abilità nelle relazioni sociali, descritta come funzionamento sociale nel nostro ragionamento, è possibile se è stata attivata e sostenuta nel tempo tramite opportunità di relazione e sostegni a esse. Questa valutazione si salda con l’approccio che vede la persona disabile non prigioniera del deficit, ma potenzialmente ricca di un’azione che può concretizzarsi in virtù della situazione sociale in cui vive.Ritornano qui i riferimenti all’.Rispetto al contenuto specifico delle capacità, attualmente viene proposto un elenco che è il frutto di discussioni e aggiustamenti successivi: il carattere di tale elenco è aperto in quanto collegato sia a una dimensione storica che culturale.Di seguito si propone una sintesi della versione attuale:- , come possibilità di condurre un’esistenza dignitosa;- , che comprende una sana riproduzione, un’alimentazione e un’abitazione adeguata;-, come possibilità di movimento, di protezione da aggressioni, come integrità sessuale e domestica e possibilità di godere del piacere sessuale e di scelta in campo riproduttivo;- , che comprendono l’alfabetizzazione, la possibilità di coltivare interessi culturali, la libertà di pensiero e di pratica religiosa;- , intesi come possibilità di amare, provare desiderio, soffrire, di adirarsi (naturalmente per permettere che tali capacità si esprimano è necessario creare condizioni relazionali significative);- , intesa come capacità di costruire una concezione del bene e avere la possibilità di riflettere sullo sviluppo della propria esistenza;- , intesa sia come possibilità di vita associata e di relazioni sociali sia come tutela dalla discriminazione e dall’emarginazione;- , cioè saper vivere e potersi prendere cura dell’ambiente naturale;- , come possibilità di sperimentare forme associate informali basate sul gioco e avere accesso e ruolo nelle attività ricreative;- , sia politico, come diritto di voto e di partecipazione alla vita politica, sia materiale, come il diritto alla proprietà, al lavoro.
. : in questa direzione ci si trova di fronte al .Questi elementi diventano oggetto di una progettazione e di un’azione educativa che, in quest’ottica, hanno come riferimento non solo il livello macro, cioè l’insieme dei contesti esperienziali, ma anche quello micro, che consente di cogliere le relazioni forti e deboli in essi esistenti. In questo legame, la relazione educativa si amplia fino a considerarsi inserita in una fitta trama di relazioni, che coinvolge non solo l’interazione con le persone ritenute in una situazione di bisogno, ma soprattutto gli scambi e i confronti con i contesti e le situazioni sociali.

Nella prima parte di questo contributo, si è messo in evidenza il ruolo delle politiche sociali nella definizione del e, conseguentemente, del : questo si evidenzia, innanzitutto, nell’istituzionalizzazione dei percorsi attraverso processi di omogeneizzazione, che tendono a raggruppare le persone in base allo stato di bisogno e non in virtù dell’essere persone con una propria identità, contesti e prospettiva di vita. Il processo ora evidenziato porta le politiche sociali a definire posizioni di vita che hanno propri stadi interni e, conseguentemente, a produrre un’ulteriore differenziazione del .Queste sottolineature portano ad affermare come
.
Seguendo questo percorso, afferma che una via d’uscita da questa situazione può essere rintracciata in .La prospettiva proposta in questo contributo ha cercato di tessere relazioni fra e nella loro interazione con le politiche, le situazioni sociali e l’azione progettuale.Tali relazioni, da una parte, fanno assumere al un valore , in quanto .Dall’altra, .I diversi riferimenti e gli intrecci qui proposti risultano, quindi, necessari e utili per impedire che la progettazione e l’azione educativa si riducano a un discorso operativo di semplici e buone prassi che, avendo come unico riferimento il contesto e la temporalità in cui esse si producono, determinano differenziazione e settorializzazione.
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Roberto Medeghini –
Via don Cotelli 16 – 25021 Bagnolo Mella (Bs)Tel. 030/621182 – E-mail: robmedeghini@yahoo.it

Fonte: ANIMAZIONE SOCIALE – – anno XXXVI, n. 204 – Giugno/Luglio 2006 Gruppo Abele Corso Trapani, 95 – 10141 Torino Tel. 011/3841048 – Fax 011/3841047 E-mail: animazionesociale@gruppoabele.org Sito Internet: http://animazionesociale.gruppoabele.org

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