UNA NOTA DELL’AMBASCIATORE BIELORUSSO IN ITALIA SULLE RECENTI ELEZIONI IN BIELORUSSIA

Comunicato Stampa

Commento dell’Ambasciata bielorussa in Italia
La domenica 19 marzo scorso in Bielorussia si sono tenute le elezioni del Presidente della Repubblica, vinte, i dati definitivi, da Aleksandr Lukashenko, l’attuale Capo dello Stato, che ha raccolto l’83,0 % (cioè 5.501.249) dei voti, mentre il 6,1 % (405 486 voti) degli elettori hanno dato le loro preferenze ad Aleksandr Milinkevich (coalizione dei partiti d’opposizione), il 3,5 % (230 664 voti) – a Sergei Gaidukevich (Partito Liberaldemocratico), e il 2,2 % (147.402 voti) – ad Aleksandr Kozulin (Partito Socialdemocratico “Hramada”). Lo svolgimento delle elezioni in Bielorussia è stato caratterizzato da un’atmosfera di tranquillità e serenità, senza che si fossero verificate delle delle numerose o sistematiche complicazioni. I risultati di diverse indagini sull’opinione pubblica e valutazioni degli esperti rilasciati nel corso di diverse fasi della campagna elettorale sia nel paese che all’estero hanno più volte rivelato un elevato livello di sostegno del Presidente in carica da parte della popolazione. Ciò era dovuto innanzitutto ai successi economici e sociali raggiunti sotto la guida di Aleksandr Lukashenko. D’altro lato, veniva testimoniata anche la debolezza dell’opposizione bielorussa ed un basso grado di sostegno dei suoi candidati. La vittoria del Presidente in carica è stata determinata non da “falsificazioni e violazioni di standard internazionali”, bensì da un effettivamente ampio appoggio degli elettori. In conformità alla propria legislazione ed impegni internazionali la Bielorussia ha invitato degli osservatori internazionali. Il corso della campagna elettorale è stato monitorato da 467 ossevatori inviati dalla Comunità degli Stati Indipendenti, circa 500 osservatori dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche ed i Diritti Umani e dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE, nonché da numerosi osservatori stranieri indipendenti il cui numenro totale ammontava a 1235 persone. Nel giorno della consultazione popolare nel paese si trovavano anche 19 osservatori italiani che facevano parte delle delegazioni dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche ed i Diritti Umani e dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE. Oltre a ciò, sono stati registrati più di 30 mila osservatori nazionali, in altri termini – 4-5 osservatori su ogni seggio elettorale. Le notizie sui fermi ed espulsioni di taluni osservatori internazionali che si sarebbero verificati non corrispondono alla realtà, in quanto, infatti, si è trattato dei cittadini stranieri arrivati in Bielorussia muniti di visti turistici e sprovvisti di accredito in qualità di osservatori. Allo scopo di illustrare le elezioni in Bielorussia sono arrivati più di 500 giornalisti a cui è stata fornità la possibilità di svolgere liberamente ed inostacolatamente le loro funzioni sul territorino nazionale. Nel giorno delle elezioni in Bielorussia si trovavano anche dei giornalisti italiani, tra cui alcuni rappresentanti della RAI e dei maggiori quotidiani, inclusi “Il Corriere della Sera”, “Il Sole 24 Ore” ecc. Purtroppo, molti osservatori, ed in particolare la maggioranza dei membri della delegazione dell’OSCE, così come anche taluni inviati stranieri, sono venuti in Bielorussia con una posizione nei confronti delle elezioni già pronta in anticipo. Questa posizione veniva assiduamente impostata dai paesi dell’Occidente che sostenevano in modo ufficiale uno dei candidati d’opposizione. Si è registrata, quindi, un’assolutamente evidente e palese intrommissione negli affari interni della Bielorussia. La campagna elettorale era accompagnata da un’impreceduta pressione dall’estero che avveniva sotto l’osservazione dell’OSCE, la quale si è rivelata né imparziale né obiettiva. Quanto sopra ha costituito anche la ragione delle considerevoli diversità nelle valutazioni degli osservatori in merito allo svolgimento ed ai risultati delle elezioni. Nel suo resoconto preliminare l’OSCE riconosce che “il voto si è svolto nell’atmosfera di tranquillità ed ordine”, “agli elettori è stata offerta una potenziale possibilità di una vera scelta”. Si è d’accordo anche sul fatto che i candidati hanno avuto la possibilità di presentare al pubblico il proprio punto di vista. Eppure la stessa organizzazione ha deciso di interpretare in modo negativo altre circostanze e fatti. Ad esempio, secondo l’OSCE, nel corso della campagna elettorale l’attuale Presidente della Repubblica sarebbe apparso sugli schermi televisivi più spesso degli altri candidati. Pur tuttavia il numero e la durata delle comunicazioni sulle attività del Presidente della Repubblica fossero allo stesso livello che era registrato nel quinquennio precedente. Nello stesso tempo Aleksandr Lukashenko ha rinunciato alla facoltà di trasmissione dei suoi appelli elettorali ed effettivamente non svolgeva in persona la propaganda elettorale. Invero sia gli osservatori dell’OSCE sia quelli della CSI hanno rivelato talune irregolarità sia nel corso dei preparativi sia durante lo svolgimento della votazione. Eppure bisognerebbe tenere presente, in primo luogo, che tali casi non avessero avuto le caratteristiche di numerosità o sistematicità e quindi non fossero in grado di sviare il corso del processo elettorale (Vladimir Rushailo, il capo della missione degli osservatori della CSI); in secondo luogo, che le irregolarità rivelate fossero liquidate subito dopo le osservazioni degli osservatori. Infatti nessun voto svoltosi all’Est da Vienna è stato mai riconosciuto pienamente conforme agli standard internazionali. Le politicamente motivate conclusioni contenute nel rapporto dell’OSCE non rispecchiano neanche l’opinione di un intero gruppo di osservatori a breve termine della stessa missione. Non è vero che la procedura del voto anticipato prevista dalla legislazione bielorussa sia intrasparente e favorisca falsificazioni. Gli scrigni elettorali vengono debitamente sigillati costantemente custoditi. Nel corso del calcolo dei voti il numero delle schede che vi si gettatano dentro viene controlato per conformità al numero delle firme degli elettori per la loro ricezione. Bisogna anche far presente che le procedure di voto per via postale o tramite reti elettroniche che sono estesamente adoperate in tanti paesi sono molto meno protette da eventuali svisamenti e traffici illeciti. Nel corso della preparazione alle elezioni in Bielorussia e durante il loro svolgimento non è stata registrata alcuna delle “falsificazioni” di cui così spesso ma infondatamente si è speculato sulla stampa italiana (“Il Sole 24 Ore”, “La Repubblica” ecc.), ciò attestato non solo dalle conclusioni della missione degli osservatori internazionali dell’OSCE ma anche dai servizi sui quotidiani italiani così autorevoli come “Il Corriere della Sera”. A livello ufficiale gli osservatori internazionali rivelano solo delle “inconformità” di taluni aspetti del processo elettorale alle norme dell’OSCE i quali non hanno potere giuridico tassativo. è inammissibile sostituire furtiavemente questa formula con il termine “falsificazione”, il quale prevede la sussistenza delle azioni finalizzate ed irregolari dal punto di vista della legislazione interna, volte al travisamento dei risultati delle elezioni. I tentativi di accusare le Autorità bielorusse di tali atti finalizzati ed illegali senza fornirne alcuna testimonianza convincente vengono considerati incompetenti e palesemente calunniatori. Per quanto riguarda le affermazioni in merito ai fermi arbitrari per motivi politici che avrebbero avuto luogo prima delle elezioni va notato che nel corso della campagna elettorale non si erano verificati arresti per altri motivi se non per quello di violazione dell’ordine pubblico ed della legislazione. Da nessuna parte, e nemmeno in Bielorussia, si è esenti dal rispetto della legge. Anche se si fossero candidati a Presidente della Repubblica o militanti politici. L’Unione Europea costantemente insiste sulle garanzie della legalità e dell’ordine pubblico. In Bielorussia sia la legalità sia l’ordine pubblico sono garantiti. La Bielorussia è uno stato di diritto in cui nessuno può essere condannato senza una preventiva indagine ed una sentenza pronunciata in giudizio. La partecipazione alle manifestazioni autorizzate, oppure critiche nei confronti delle autorità che non degradano in una palese diffamazione non comportano alcuna sanzione in Bielorussia. Alcuni giornalisti suppongono eroneamente che modifiche del Codice Penale bielorusso recentemente approvate prevedrebbero l’incarceramento per la critica del Presidente della Repubblica. In realtà, invece, le citate modifiche dispongono sanzioni per la diffusione delle informazioni notoriamente false sul paese che potrebbero comportare conseguenze negative per la sua sicurezza economica, militare od altra.
Si noti che l’art. 656 del Codice Penale italiano prevede delle sanzioni per la “pubblicazione o diffuzione delle notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico”, mentre l’art. 269 dello stesso Codice stabilisce che “il cittadino che, fuori dal territorio dello Stato, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato, per modo da menomare il credito o il prestigio dello Stato all’estero, o svolge comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”. Le disposizioni simili si possono trovare non solo nella legislaizone italiana ma anche in quella di diversi altri paesi europei ed americani. Al posto delle minacce e delle sanzioni i paesi occidentali avrebbero dovuto capire cha la scelta del popolo fosse già stata fatta, una scelta che non richiede alcun riconoscimento esterno, una scelta che non rappresenta minaccia a nessuno, né agli USA né all’UE. Ora la cosa principale è di poter ricostruire ex novo i rapporti bilaterali. L’UE e gli USA oggi hanno due alteranative. Si può proseguire nella politica precedente e perfino irrigidirla. Ma ciò non darà alcun frutto in quanto il nostro paese non avrà ceduto alla pressione. E molti in Occidente sono costretti ad accettarlo già adesso. Oppure potranno riconsiderare la loro politica e rendarla più prammatica. Comunque gli USA e l’UE dovranno per altri cinque anni avere a che fare con il paese guidato da un presidente rieletto il 19 marzo scorso. L’Occidente prediligerà cinque anni di cooperazione o continuerà a fingere di ignorare un abbastanza grande paese nel centro dell’Europa? Un paese importante anche dal punto di vista del transito e rifornimento energetico dell’Europa? La Bielorussia è un importante donatore di sicurezza all’Europa, a partire dai temi del disarmo nucleare e non proliferazione e sino agli armamenti convenzionali e la lotta contro la criminalità internazionale, migrazione clandestina e tratta di persone. Le sanzioni economiche e sanzioni come tali sono inefficaci, ciò comprovato dalla prassi internazionale. Non risolvono problemi, bensì ne creano altri. Le sanzioni colpiranno innanzitutto la gente. Contrariamente ad un diffuso malinteso secondo cui la Bielorussia sarebbe solamente un’“appendice economica” della Russia, il 44% delle nostre esportazioni sono indirizzate verso l’Unione Europea (il 40% – verso la Russia). Una parte del reddito di quasi tutte le famiglie bielorusse viene guadagnata sui mercati dell’UE. Se l’UE volesse danneggiare la popolazione bielorussa, allora sicuramente potrebbe farlo in questo modo, ma è poco probabaile che ciò comporti dei risultati che sarebbero graditi in Europa, perché così un amichevole atteggiamento dei bielorussi ai vicini europei, creatosi storicamente, rischierebbe di essere cancellato in un attimo. Alcuni politici europei già iniziano ad approdare alla comprensione dell’inopportunità delle sanzioni economiche contro la Bielorussia. Desideriamo auspicare che in fin dei conti il buon senso sia a prevalere sia in Europa che negli USA, che loro possano passare dal linguaggio delle accuse e degli ultimatum ad un linguaggio di cooperazione reciprocamente vantaggiosa in nome degli obiettivi comuni, uguali sia per la Bielorussia sia per l’Occidente: la sicurezza, la fiducia e l’apertura reciproca, il benessere socioeconomico.

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