ITALIA, RECORD DI BIMBI POVERI

Vivono tra benessere e comfort di ogni tipo, eppure sono poveri. Poveri fra i ricchi. Cinquanta milioni di bambini si trovano in condizione di indigenza sebbene siano nati in società  benestanti. L’ultima ricerca pubblicata dall’Unicef lancia l’allarme per tutti i governi dell’Ocse, il club dei paesi più ricchi del pianeta: "Negli anni ’90 è aumentata quasi ovunque la percentuale dei bambini poveri". Guardando all’Italia l’accusa diventa ancora più pesante: 16,6 bambini su 100 sono poveri, vivono in famiglie con un reddito più basso della media nazionale. L’Italia ha il record di povertà  infantile in Europa. Peggio di noi soltanto gli Stati Uniti (21,9% di povertà  infantile) e il Messico (27,7%).

Bambini che non necessariamente muoiono di fame ma a cui manca magari la merendina, i pennarelli da disegno o le scarpe per fare sport. "Privati di risorse materiali, spirituali ed emozionali necessarie per svilupparsi e crescere" è la definizione dell’Unicef. "Il nostro rapporto smentisce una convinzione diffusa: e cioè che il progresso economico abbia beneficiato i più piccoli" spiega Roberto Salvan, direttore italiano dell’Unicef. La povertà  tra i bambini è infatti cresciuta in 17 paesi ricchi su 24. La situazione è migliorata soltanto in Australia, Norvegia, Gran Bretagna e Stati Uniti. L’Italia oltre ad avere una percentuale alta di bambini poveri, ha anche un trend negativo: +2,6% negli ultimi 10 anni.

Il paradiso dell’infanzia è nei paesi nordici. Danimarca e Finlandia hanno un tasso di povertà  infantile inferiore al 3%. Per la Norvegia si può parlare addirittura di indigenza "molto bassa e in continua diminuzione". E non è un caso: in questi paesi almeno il 10% del prodotto interno lordo è destinato alla spesa sociale e in particolare alla riduzione della povertà  infantile. In Italia, invece, il Welfare pesa sempre meno. La spesa pubblica per sanità  e famiglia è diminuita. L’unico incremento ha riguardato gli anziani. "La priorità  alle pensioni va bene – commenta Salvan – ma non dimentichiamoci dei bambini che sono il nostro futuro".

Mancano sussidi, assegni, bonus: i trasferimenti sociali sono calati del 9,2%, a fronte di una diminuzione del reddito dei genitori (-1,3% per i padri, -7,1% per le madri). Il rapporto Unicef cita invece la Gran Bretagna come esempio positivo. Il governo di Londra è riuscito a migliorare il trend della povertà  infantile (-3,1%) grazie a una "rivoluzione" degli aiuti destinati alle famiglie mono-reddito. Lo stesso è accaduto negli Stati Uniti (-2,4%).

"Al governo italiano manca una chiara strategia" conclude il rappresentante dell’Unicef. "Non bastano i bonus una tantum, occorre individuare sussidi per i genitori disoccupati, agevolazioni per le madri che lavorano e cercare di migliorare i servizi sociali all’infanzia". Grazia Sestini, sottosegretario al Welfare, respinge le accuse: "Ritengo fuori luogo qualsiasi polemica – dice – Il rapporto Unicef non tiene conto delle risorse pubbliche assegnate alle Regioni con il federalismo. E comunque – aggiunge – il dato sulla povertà  infantile non è nuovo, già  si conosceva".

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