Vazim è arrivato nell’Internat di Senno, nel nord della Bielorussia, che era così piccolo che neppure se lo ricorda. Ma si ricorda che da quando aveva dieci anni ha cominciato a fare il falegname nel laboratorio "costruito dagli italiani". E questa è stata la sua fortuna, dice, perché oggi ha 19 anni, si è diplomato, vive nella cittadina vicino all’istituto e continua a venire alla falegnameria ogni volta che ci sono ordinazioni. "Lavoro così tanto che non ho neanche tempo di fumare", sorride. E poi una cosa non può dimenticare: i suoi genitori italiani, che l’hanno ospitato per due anni d’estate e poi lo hanno aiutato a finire la scuola inviandogli vestiti e quaderni.
L’Internat di Senno, enorme casermone grigio, è uno delle centinaia di orfanotrofi della Bielorussia, dove si trovano decine di migliaia di bambini con problemi familiari o di salute, che non possono più stare in famiglia. "Un numero che cresce di anno in anno", spiega Ivanovic Voroseb; responsabile del Comitato tutela dei minori della regione. "Solo nel 2003 abbiamo avuto il 15% di "orfani sociali" in più". Complice l’alcolismo e la crisi economica. Trentamila di questi ragazzini ogni estate arrivano in Italia (il più alto numero di accoglienze d’Europa) per un’iniziativa nata a seguito di Chernobyl, ma che oggi riguarda non solo i bambini colpiti dalle radiazioni nucleari, ma anche quelli semplicemente poveri, senza famiglia. Proprio come Vazim.La disponibilità degli italiani ad accogliere i bimbi bielorussi per un mese di "risanamento" si è estesa negli anni. Oggi non si tratta più solo di curare malattie legate alle radiazioni (benché queste siano ancora diffuse), ma anche di intervenire a livello sociale, facendo sperimentare, seppure solo per un mese all’anno, cosa significa avere l’affetto di una famiglia per ragazzini nati e cresciuti in istituto. Sono 50-60mila le famiglie italiane coinvolte: considerando i parenti, centinaia di migliaia di persone. Uno dei più grandi movimenti di solidarietà del nostro Paese.A Senno la fondazione (6mila famiglie e 250 comitati in Italia) oltre,ad avere ristrutturato vari 1ocali dell’lnternat, ha costruito laboratori di falegnameria e di cucito per permettere ai ragazzi di uscire dall’istituto con un mestiere. "Il tentativo è di passare dallo slancio emotivo delle famiglie a una solidarietà più organizzata", spiega Sandro Bernardi di , "cercando di migliorare le condizioni degli istituti". Condizioni, in effetti, tutt’altro che facili. Per ogni ragazzo in istituto lo Stato passa 2.500 rubli al giorno (un euro) in un Paese in cui il costo della vita non è tanto diverso dal nostro. "Col sussidio non riusciamo a sfamarli", spiega Austreix Lev, direttore dell’Internat di Cernitzy; altro istituto in cui opera la fondazione. "È necessario che i ragazzi stessi coltivino ortaggi e allevino piccoli animali". D’altra parte l’agricoltura è una delle materie. Ma per i vestiti è peggio: "Senza gli aiuti italiani non ce la facciamo a vestirli", continua il direttore.A Riasno, invece, la caldaia sembra un oggetto di antiquariato e la temperatura d’inverno non sale mai sopra gli zero gradi. I bambini dormono in lettini sfondati e sporchi e hanno grandi problemi di igiene. Qui i volontari italiani, oltre ad aver ristrutturato i bagni, da due anni fanno animazione d’estate. "L’anno scorso in due settimane i bambini non hanno mai fatto una doccia", racconta Silvia Mascheretti, una delle volontarie. "Allora quest’anno ci siamo imposti, scatenando malumori tra il personale. Per non parlare dei denti", aggiunge. "Nessuno ha uno spazzolino…". Eppure la fondazione ne aveva inviato un gran numero: "180 sono ancora lì, inutilizzati".Alcuni problemi sono strutturali, come quello della caldaia, altri dipendono dalla gestione del direttore, che a Riasno è perlomeno discutibile. Per fortuna non dappertutto è così. Ci sono direttori giovani e dinamici, come Serghej Truhanov. direttore a Vietrino. Stipulando convenzioni con grossisti locali riesce a dare da mangiare ai bambini cinque volte al giorno. E a mantenere un buon livello di studi, tanto che quest’anno ben 12 ragazzi dei più grandi sono potuti entrare alle scuole superiori, un record.
Ma se si passa dagli istituti per "orfani sociali" a quelli per "ritardi mentali" le cose cambiato. In peggio. Come all’Internat di Boguscevsk, il più grande della repubblica; 293 persone dai 4 ai 35 anni. Un reparto vecchio e fatiscente dalle mura scrostate, le camere tappezzate di carta di giornale, i letti fetidi. Ragazzi abbandonati sopra, a guardare il soffitto. Altri a dondolarsi avanti e indietro. Non si studia (si impara solo a leggere e scrivere), non c’è uno psicologo; sono 230 i dipendenti, ma solo 17 infermiere. Nessun insegnante. Chiediamo quali sono le malattie più diffuse:per tutti è "oligofrenia", "ritardo"’. Il problema è che anche semplici carenze affettive, fare pipì a letto o andare male a scuola, sono motivi di "ritardo".Nicolas ha 16 anni, un fisico atletico che non denota alcun tipo di handicap, ed è arrivato a Boguscevsk da un anno, "figlio di un altro istituto". "Andavo male a scuola", racconta, "mi dicevano che non potevo andare alle superiori. E poi ho litigato troppo con gli insegnanti".Axana è bionda, ha i lineamenti fini, cura perfettamente la stalla e le 15 mucche dell’istituto. Ha 25 anni ed è a Boguscevsk da quando ne aveva 8. è qui perché la madre l’ha abbandonata e il padre beveva. Non sembra una diagnosi di malattia mentale, ma le cose stanno così. Il fatto è che a Boguscevsk si entra, ma non si esce più. Impossibile riabilitarsi. Come in qualunque Internat bielorusso, del resto. Il reinserimento è impossibile. Non è vietato ma "non è mai successo", come ripetono i direttori dei dieci istituti visitati.Queste sono politiche governative, e le politiche governative in Bielorussia non si discutono.
bambini 0/14 anni
, mortalità alla nascita
anni, attesa di vita per gli uomini
anni, attesa di vita per le donne
popolazione
Fondazione Aiutiamoli a viveretel. 0744.220079www.aiutiamoliavivere.it
da Minsk
, non profit magazine, anno 11, n. 50, 17 Dicembre 2004Sito Internet: www.vita.it