Secondo il "filosofo" Rocco Buttiglione i "valori" cattolici sarebbero discriminati
Chi canticchia spesso non lo sa, ma tra le condizioni che John Lennon poneva per un mondo finalmente in pace c’era il venire meno di ogni religione. Da buon pannelliano prima maniera, il mitico John vedeva nella religione l’oppio che giustifica ogni violenza. Con maggiore realismo gli animi religiosi ribattono che la peggior violenza è stata in realtà prodotta dalle religioni secolarizzate, vale a dire dai grandi sistemi ideologici, i quali, soprattutto nel Novecento, hanno sostituito Dio con qualche umano succedaneo: la razza, la classe, e, last but not least, la democrazia. L’obiezione non fa una piega, ma lascia inevasa la domanda critica fondamentale. Perchè se è indubitabile che è l’ideologia e non la religione a produrre i peggiori guasti, è altrettanto vero che la dimensione religiosa con grande facilità si converte in quella ideologica. I nostri tempi ne danno un’indiscutibile conferma. Da Oriente ad Occidente, senza apparenti eccezioni, Dio è chiamato in causa da sedicenti devoti per benedire baionette, attentati, apartheid, discriminazioni e tagli fiscali ai super ricchi. C’è dunque una soglia varcata la quale ciò che nasce come religioso diventa ideologia. Alla filosofia spetta il compito di identificarla e di nominarla, non curandosi dello scandalo che la sua parola di verità potrà suscitare. Del resto, i filosofi non hanno molto da preoccuparsi, giacchè da tempo ormai, nonostante i festival modenesi, la loro udienza reale è ridotta a poca cosa ed anche i fanatici islamici, dopo aver liquidato Averroè, sembrano non più curarsene.
Bisogna fare un passo indietro di dodici secoli e ritornare ad un tempo che si suole definire buio ma che in realtà era solcato da vere e proprie comete di purissimo pensiero. Alla domanda circa la somiglianza tra il Creatore e la sua Creatura umana, il filosofo e teologo irlandese Giovanni Scoto Eriugena rispondeva in un modo che ancora oggi lascia il lettore senza fiato. Dio è l’uomo sono in tutto e per tutto identici, tranne che per la loro origine: ingenerato il primo, "fatto" il secondo. L’identità dell’immagine con il prototipo non è però quella che si crederebbe. L’uomo non somiglia a Dio perché onnisciente o onnipotente. L’uomo somiglia Dio nella misura in cui non sa non e potrà mai sapere. Anzi, se l’uomo sapesse che cosa è, se cioè credesse di avere in mano il significato dell’esistenza (ad es. che cosa è naturale e che cosa contronatura negli amori umani?), "l’uomo come immagine di Dio – sono le parole del nostro filosofo – si allontanerebbe necessariamente dalla somiglianza con il suo creatore". Il non sapere, il dubbio, il rifiuto di ogni dogma, come cifra della somiglianza! Perchè, continua questo incredibile uomo del cosiddetto medioevo, Dio stesso, a causa della sua infinità , non sa e non potrà mai sapere che cosa egli stesso è. Dio è questa infinita ignoranza di sè – Dio è infinitamente più che sapere – e l’uomo si divinizza nella misura in cui butta all’aria tutte le ideologie, tutte le definizioni, tutti i "valori", che lo sfigurano. Questi, infatti, lungi dall’essere qualcosa di positivo, sono soltanto i segni della sua difformità dal prototipo, se non addirittura la prova del suo originario peccato in Adamo. Per Eriugena non c’erano dubbi: la religione finisce quando si varca la soglia del sapere o, come scrive un inconsapevole grande teologo del Novecento, lo psicanalista Jacques Lacan, quando si accede al "supposto sapere". La religione finisce insomma quando tramonta in una comica enunciazione di "valori" che dovrebbero sovrintendere alla vita.
Esiste dunque una definizione possibile dello scadimento ideologico della dimensione religiosa e vale la pena, in questi tristi tempi, di enunciarla chiaramente. Ogni volta che si presuppone che il senso sia dato e ogni volta, dunque, che si fa coincidere la devozione con l’applicazione pratica – al cospetto, naturalmente, di una casta di professionisti che vigilano sul nostro lavoro – di questo senso (il "valore"), ebbene allora siamo di fronte all’ideologia, quel genere di ideologia che la saggezza delle origini bollava come idolatria. Il senso non è mai dato, il senso è sempre un’incognita all’interno di quella equazione che è la nostra vita reale, il senso è sperimentale e congetturale – ecco, invece, la parola d’ordine di uno spirito libero. Non la parola di un ateo, ma, stando almeno a quanto scriveva un monaco cristianissimo nel IX secolo, la parola di una fede non superstiziosa e non asservita al mondo.