SOCIAL MONITOR 2004

FIRENZE – Il Rapporto Social Monitor 2004 afferma: "La povertà è comunemente associata con una mancanza di reddito. In realtà, però, è una complessa miscela di privazioni che vanno dal non avere abbastanza da mangiare al subire la discriminazione e la negazione del rispetto della dignità umana. La povertà può anche significare mancanza di accesso a servizi fondamentali (alloggio, acqua pulita, assistenza medica, scuola), ed esclusione dalla partecipazione, dalle scelte e dalle opportunità considerate normali nella società. Ci si rende sempre più conto del fatto che la povertà non può solamente essere misurata in termini di reddito, ma che richiede una considerazione dei vari indicatori che ne compongono le diverse dimensioni. Le persone possono essere povere in una di queste dimensioni (effettivo accesso a servizi sanitari o a scuole adeguate), e non in un’altra (come il reddito). L’articolo 27 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, ratificata da tutti i governi della regione, invoca un approccio globale al problema che sia compatibile con la dignità del bambino, e afferma che ogni bambino ha diritto ad un livello di vita "adeguato per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale…". Secondo la definizione della Convenzione, la povertà e anche la negazione di questo diritto, e comporta un livello di vita che non consente lo sviluppo del bambino in tutte le dimensioni citate.

In generale, il problema della valutazione della povertà dei bambini è complicato non solo dalle conseguenze a lungo termine sullo sviluppo che si accompagnano a un’infanzia vissuta in povertà, ma anche da altri fattori. "Ai bambini è generalmente attribuito il reddito dei genitori, ma anche i genitori che non sono poveri possono impoverire i propri bambini trattandoli non equamente oppure trascurandoli, a volte anche impedendo loro di frequentare la scuola", si afferma nel Rapporto.

In alcuni casi, le famiglie possono sottrarsi alla povertà del reddito grazie ai proventi del lavoro dei bambini. Nonostante l’ormai diffusa consapevolezza della multidimensionalità del fenomeno povertà, le interazioni tra povertà e problemi quali la disparita all’interno della famiglia e il lavoro minorile non sono state ancora pienamente comprese. "Nonostante che il reddito (o la spesa) della famiglia sia una misura solo parziale della povertà, per varie ragioni questo continua ad essere usato come indicatore fondamentale della povertà dei bambini. Innanzitutto, i bambini che vivono in famiglie a basso reddito sono spesso esclusi da altre importanti dimensioni della vita sociale. In secondo luogo, indicatori quali la presenza di discriminazione non sono facili da misurare. Terzo, i governi di solito misurano la poverta in base agli indicatori monetari", si rivela. Perciò, le misure della povertà basate sul reddito sono più facilmente disponibili per diversi paesi della regione rispetto alle informazioni sulla discriminazione, sulla partecipazione o sull’accesso ai servizi pubblici.

Quanto alle tendenze della povertà assoluta in diversi paesi nei quali la povertà è definita in base a un minimo di sussistenza nazionale, i dati coprono il periodo 1996-2002, e quindi non registrano il massiccio aumento della povertà verificatosi in tutti i paesi della regione nei primi anni della transizione. In Bielorussia e in Georgia, i tassi della povertà generale si sono lievemente ridotti o sono rimasti stabili dalla fine degli anni novanta in poi. In Armenia, la percentuale di persone che vive al di sotto del minimo di sussistenza e diminuita, ma nel 2002 era ancora al di sopra del 50 per cento. In Russia, mentre il PIL e i salari reali stavano crescendo, la proporzione di persone che viveva al di sotto del minimo di sussistenza e diminuita dal 29 per cento nel 2000 al 25 per cento nel 2002. Nello stesso periodo, la percentuale di bambini che vivono in povertà è scesa dal 34 al 29 per cento. In Kirghizistan, i tassi di povertà dei bambini sono diminuiti, pur rimanendo elevati. In Polonia però, sono aumentati sia il tasso di povertà generale che quello di povertà dei bambini. Questa tendenza della Polonia può essere in parte spiegata con l’aumento del livello generale di occupazione, e dall’aumento di famiglie con bambini senza lavoro.

Le misure relative della povertà mostrano che in alcuni paesi i vantaggi della crescita economica sono diffusi in maniera non uniforme. In Ungheria la proporzione di persone (e bambini) che vivono in famiglie con un reddito inferiore alla soglia della povertà relativa (il 60 per cento del reddito medio) non e cambiata quasi per niente dalla meta degli anni novanta in poi. In Estonia, la percentuale di persone che vive in relativa povertà è diminuita solo leggermente (dal 20 al 18 per cento, tra il 1996 e il 2002). In Moldova, la povertà assoluta si è ridotta dall?inizio del nuovo millennio, mentre la povertà relativa è rimasta stabile. Questa tendenza della povertà relativa è decisamente collegata all’andamento della generale disparità nella società. In tutti gli 8 nuovi Stati membri dell’UE dell’Europa centrale e del Baltico, la disparità nella distribuzione del reddito delle famiglie è aumentata tra il 1999 e il 2002. La disparita è aumentata anche nella maggior parte degli altri paesi per i quali sono disponibili informazioni.

Non tutti i bambini di un paese, tuttavia, corrono lo stesso rischio di diventare poveri. Il rapporto prende in esame alcuni dei fattori associati con un maggiore rischio di povertà, quali la condizione occupazionale dei genitori, la dimensione della famiglia dove vive il bambino, e l’eventuale appartenenza a un gruppo etnico o di minoranza.

L’occupazione è un fattore determinante della povertà. L’aspetto che di solito più determina la povertà da reddito dei bambini e la condizione occupazionale dei genitori, oltre allo stipendio che questi percepiscono. La ricerca sui paesi ad alto reddito indica che la povertà dei bambini è notevolmente ridotta quando la madre o il padre hanno un’occupazione, quindi meno famiglie "povere di lavoro" ci saranno, meno famiglie saranno soggette al rischio della povertà.

In Estonia, sono poveri il 6 per cento dei bambini che vivono in famiglie con due genitori nelle quali entrambi lavorano, rispetto al 12 per cento di quelli delle famiglie nelle quali lavora solo il padre, e il 78 per cento di quelli che vivono in famiglie dove nessuno dei due genitori lavora. In Georgia e in Moldova, la relazione tra la condizione occupazionale dei genitori e la povertà dei bambini è meno evidente. Questo e dovuto al fatto che alcuni di coloro che sono regolarmente occupati non sempre ricevono lo stipendio, e molti sono occupati in attività agricole di sussistenza. In Tagikistan, la ricerca indica che il fattore importante per ridurre il rischio di povertà da reddito di una famiglia non e tanto l’occupazione quanto la regolarità di percezione del salario. In questi paesi, la riduzione della povertà può dipendere dalla creazione di posti di lavoro con una migliore retribuzione, dalla riduzione dei ritardi nel pagamento dei salari e dall’aumento dei redditi agricoli, più che dalla distribuzione dell’occupazione di per sé.

Nella maggior parte delle famiglie la nascita di un bambino mette sotto pressione le risorse disponibili. Il neonato deve essere nutrito e accudito, il che significa che la famiglia deve spendere di più per il cibo e per i vestiti, in molti casi avendo minori risorse economiche a disposizione. Spesso uno dei genitori, di solito la madre, lascia l’impiego o riduce il tempo dedicato al lavoro retribuito (riducendo anche il reddito) per potersi prendere cura del bambino. Con la nascita di altri figli, e necessario acquistare ancora più cibo e vestiti, mentre allo stesso tempo rimane ancora meno tempo a disposizione per il lavoro remunerato. Cosi, il rischio della povertà per i bambini tende ad aumentare direttamente con il crescere delle dimensioni della famiglia. Si può constatare ciò con chiarezza in tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale/CSI per i quali sono disponibili dati. In Bulgaria, solo il 12 per cento delle famiglie con un figlio ha un reddito inferiore al minimo nazionale di sussistenza, rispetto al 54 per cento delle famiglie con tre o più bambini. In Ucraina, meno di 2 famiglie senza figli su 10 vivono in povertà, a fronte dei due terzi delle famiglie con tre o più figli.

Per via di questo maggiore rischio di povertà da reddito, molti governi forniscono un aiuto in denaro alle famiglie con bambini, sotto forma di assegni familiari e sussidi per i figli. Nell’era comunista (ed anche prima, nel caso dell’Ungheria), alcuni paesi erogavano indennità familiari a quasi tutte le famiglie con figli. Anche in Europa occidentale la maggior parte dei paesi aiuta le famiglie che hanno figli, spesso su base universale e talvolta attraverso un sistema di selezione in base al reddito mirato alle famiglie meno abbienti.

Bambini urbani e rurali. Nella maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale/CSI, gli abitanti delle aree rurali sono soggetti a un maggiore rischio di povertà rispetto a coloro che vivono nelle città. In alcuni paesi più poveri, come l’Azerbaigian e il Tagikistan, comunque, i tassi della povertà generale sono più elevati nelle città che nelle aree rurali, oppure vi e poca differenza. La capacita delle famiglie delle aree rurali di coltivare il cibo necessario al proprio consumo contribuisce in maniera non irrilevante al loro benessere. Il reddito da fonti non monetarie (per esempio, la produzione alimentare per autoconsumo) è pari ad un decimo del reddito totale per le famiglie urbane (la parte rimanente e in denaro), mentre costituisce oltre la metà del reddito nelle zone rurali.

Altre differenze tra città e campagna evidenziano alcune delle limitazioni dell’impiego del reddito o del consumo come unici indicatori della povertà. In Georgia, nonostante tassi di povertà simili nelle aree urbane e in quelle rurali, le donne delle zone rurali hanno molte più probabilità di quelle di città di partorire in casa. Inoltre, le famiglie rurali hanno meno frequentemente l’acqua corrente fredda in casa, oppure beni di consumo come il telefono, un frigorifero o un televisore, rispetto a quelle di città.

Anche in altri paesi emergono delle differenze. Per esempio, recenti informazioni sulla Romania indicano che l’84 per cento delle persone che vivono nelle aree rurali non ha una stanza da bagno in casa, rispetto al 13 per cento di coloro che vivono nelle aree urbane. I dati delle indagini di rilevamento indicano che in Turkmenistan la proporzione di bambini che muore prima di compiere i cinque anni di età notevolmente superiore nelle aree rurali rispetto a quelle urbane, con 100 decessi ogni 1.000 nati vivi nelle aree rurali, e 73 decessi su 1.000 nelle città. I bambini delle aree rurali subiscono anche altri svantaggi. Possono dover percorrere maggiori distanze per andare a scuola, e hanno maggiori probabilità di dover svolgere del lavoro (in genere non retribuito) durante e dopo le ore di scuola).

La maggior parte dei paesi della regione dell’Europa centrale e orientale/CSI e nata nei 5-6 anni successivi al crollo del comunismo, quando gli 8 paesi dell’Europa centrale e orientale e della Comunità di Stati indipendenti sono diventati 27. Il Social Monitor 2004, esamina le ripercussioni che questa frammentazione di paesi più grandi in stati più piccoli ha avuto sui movimenti delle popolazioni nella regione. In ognuno dei nuovi paesi c’e un gruppo etnico che prevale sugli altri in termini di dimensione relativa della sua popolazione (come in genere e rispecchiato nel nome del paese). Tuttavia, le popolazioni della maggioranza dei paesi comprendono anche minoranze etniche, molte delle quali vi risiedono da generazioni.

Le informazioni sul relativo benessere degli appartenenti ai gruppi di minoranza sono spesso scarse, per diverse ragioni. I Documenti strategici per la riduzione della povertà di vari paesi hanno tentato di identificare le differenze nella povertà dei vari gruppi etnici. Per esempio, i Documenti strategici della Serbia e Montenegro evidenziano i tassi di povertà molto elevati dei Rom. Gli appartenenti all’etnia macedone in Macedonia godono di condizioni sensibilmente migliori nell’occupazione regolare rispetto agli appartenenti alle etnie albanese, turca e altre. Un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo afferma, infine, che la disuguaglianza tra i gruppi etnici sul piano dell’occupazione, dell’istruzione e degli altri aspetti costituisce un’importante causa della sfiducia e dell’insicurezza diffuse tra gli abitanti della Macedonia.

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