"BIANCO SU NERO" In un libro, l’odissea di Ruben, condannato alla disabilità nella Russia Sovietica

Mosca, 1968. Nell’esclusiva Clinica del Cremlino nascono due gemelli: il primo muore quasi subito, il secondo, Rubén, si rivela affetto da paralisi cerebrale.
Le facoltà intellettuali sono intatte, ma non può muovere gli arti, salvo due dita.
Dopo poco più di un anno Rubén sarà separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi in cui vengono isolati, e sottratti allo sguardo, quelli come lui, considerati impresentabili da una società che esalta il mito dell’uomo nuovo e dichiara di muoversi verso un radioso futuro.
Ruben Gallego è un eroe, come Omero.
Anche la sua storia è stata infatti un’odissea: la storia straordinaria e terribile di un neonato, di un bambino, di un adolescente e alla fine di un uomo, negli orfanotrofi dell’Unione Sovietica fino alla maturità in ospizio e al viaggio in America.
Una storia che Gallego racconta nella sua biografia, "Bianco su nero", un libro scritto con l’unico dito della sua mano che si muove: lui è totalmente paralizzato.
Una storia terribile perché è la presa di coscienza della sua condizione e del suo destino, legato, segnato e determinato dalla realtà dell’Unione Sovietica, dagli anni ’70 alla caduta del muro.
Dietro la società dei Diritti Conclamati, si fa largo, attraverso le pagine del libro, una macchina per la segregazione e l’eliminazione di tutti gli inabili: disabili mentali, motori e anziani.
"Pezzi di carne inutili" in una società il cui merito fondamentale dell’individuo è la produttività.
"Mi hanno semplicemente spiegato, da bambino, che non ero un essere umano", scrive Gallego.

"Bianco su nero" è una full-immersion negli orrori e negli errori di un’ideologia che escludeva, esiliava, schiacciava non solo i dissidenti politici, ma anche i "dissidenti psico-fisici" da una norma massificata.
E la sopravvivenza di questi esseri giudicati "inutili" era assicurata dalla generosa pietà degli uomini normalmente produttivi.
Una pietà che trovava posto solo all’interno dei perimetri chiusi di orfanotrofi, ospizi, ospedali.
Fuori l’indifferenza, il disprezzo. Fuori un mondo inaccessibile.
Questa è l’Unione Sovietica vista dagli occhi di un disabile, per di più orfano.
Questa è l’Unione Sovietica in cui la non autosufficienza relega gli individui ad una condizione sub umana, in cui l’auto soppressione sembra essere l’unica via di riscatto o di fuga.

Il romanzo, già ribattezzato in Russia la storia della "maschera di ferro del comunismo", ha avuto un enorme successo per il dibattito acceso sull’infanzia "sul sistema socialista, sull’eliminazione di qualsiasi cosa che contraddicesse il mito dell’uomo nuovo in un Paese dove tutti dovevano essere felici".

NERO SU BIANCO
Ruben Gallego
Edizioni Adelphi

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