L’allargamento ad est non apporterà rischi di eventuali ondate immigratorie: ne l’Italia ne tanto meno negli altri stati dell’Unione.
L’assicurazione è arrivata dalla Commissione europea, che ha tuttavia ammonito che per i dieci nuovi paesi l’adesione all’Ue potrebbe portare ad una pericolosa ‘fuga di cervelli’.
La tematica è stata affrontata in un sondaggio Eurobarometro realizzato in 13 paesi, tra aderenti candidati, e pubblicato ieri a Bruxelles.
Lo studio presenta una serie di dati, oltre a illustrare quello che è definito come "l’identikit del tipico immigrante" proveniente dalla Polonia e dagli altri nove paesi futuri membri dell’Unione.
Il dato chiave del sondaggio segnala che "in condizioni di piena libertà di movimento, il flusso migratorio da tutti i nuovi stati membri alla totalità dei Quindici sarà equivalente all’1% della popolazione in età di lavoro dei nuovi partner europei".
Ciò equivale a circa 220 mila persone ogni anno, su una popolazione dell’Ue allargata pari a 450 milioni di abitanti. In sostanza, quello che il sondaggio dimostra è che "i timori relativi a una vasta ondata d’immigrazione post-allargamento è infondata", ha commentato la commissaria Ue ad interim per l’occupazione e gli affari sociali, Margot Wallstrom, che ha anzi sottolineato come dai nuovi paesi l’Unione avrà "una spinta al proprio sviluppo".
Il documento ha dimostrato che dagli otto paesi dell’Est (più Cipro e Malta) che il primo maggio entreranno nell’Ue potrebbero arrivare nella ‘vecchia UÈ soprattutto "giovani e ‘cervelli’, visto che il 2-3% degli intervistati tra i 15 e i 24 anni" sostiene di voler partire per cercare un futuro diverso nei Quindici.
Fra questi, un terzo sono studenti e il 25% ha un titolo universitario, precisa lo studio, che sfata un luogo comune, e cioè il fatto che a partire verso l’Europa ricca e con sistemi di Welfare State rassicuranti vogliano essere soprattutto i disoccupati.
Secondo lo studio, solo il 2% dei disoccupati intervistati sarebbe infatti pronto a lasciare il proprio paese, decisione sulla quale influisce, in modo decisivo, anche la situazione familiare: il 70,4% dell’1% degli intervistati che sembrano decisi a partire vive da solo (a fronte di un 26% sposato o che vive in coppia e di un 3,6% separato o divorziato).
Commentando il rapporto, il portavoce del presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, ha oggi indicato "l’ansia esistente nei nuovi paesi sul fatto che alcune delle restrizioni attualmente allo studio – o già prese – da alcuni dei Quindici non siano nello spirito dell’allargamento, e si basino inoltre su paure relative all’immigrazione che non trovano alcuna giustificazione concreta".
Lo stesso Prodi ha ieri assicurato di "non condividere la preoccupazione di chi vede una speciale emergenza" per il dopo-allargamento: "Non credo – ha assicurato – che il numero di potenziali immigrati sarà così enorme".
Il sondaggio segnala inoltre che una delle tendenze di fondo delle correnti immigratorie europee dimostra come dopo un allargamento a nuovi paesi, il fenomeno dell’immigrazione tende in realtà più a diminuire che ad aumentare.
Per esempio – ricordano gli esperti di Bruxelles – il numero degli immigrati spagnoli che nel 1970 ha lasciato il proprio paese per trasferirsi nell’Ue è stato pari a 200 mila unità , dato che alla fine degli anni ’70 (in coincidenza con la richiesta di adesione all’Ue) era calato a 120 mila persone.Nel corso degli anni ’90 tale cifra si è infine stabilizzata in circa 2000-3000 persone ogni anno.