Sono ferocemente addolorato. Il dolore per la morte di Marco Pantani è vivissimo, pungente, profondo, e a tratti cede al furore – e alla rabbia – per la sequenza di inane imbecillità che ha condotto all’inutile olocausto, ma anche per l’impotenza di fronte all’inevitabilità dello stesso. E per il disgusto davanti ai fiumi di superficiale inchiostro che semplicemente non capisce le dinamiche della tragedia, senza per questo arrestare le sue stolte blaterazioni.
Il 6 dicembre 2003 – qualcuno ricorda? – si era spento, ufficialmente per un attacco cardiaco, il grande ciclista scalatore "El Chaba", Jose Maria Jimenez, 32 anni. In una clinica psichiatrica di Madrid, dove da tempo risiedeva per una profondissima depressione. All’annuncio della sua morte, siamo stati chiamati a credere che un giovane atleta possa soffrire di cuore in modo così insidioso, pur dopo aver dimostrato al mondo capacità cardiovascolari semplicemente sovrumane, nel corso di epiche gesta in montagna. E siamo stati chiamati a non riportare alla mente il fatto che la malattia depressiva, e la sua cugina, la malattia bipolare, possono essere più letali del cancro, con la differenza che, in queste, la morte viene tipicamente inferta – o, forse, generosamente concessa – dal paziente a se stesso. Ma malattie sono tanto il cancro quanto il male bipolare o la depressione, e ugualmente si riportano a fenomeni biomolecolari, di cui ormai si sa moltissimo, anche se mai abbastanza. La comunità , invece, tragicamente insiste nel considerarle diverse, nel vedere la morte per soffocamento nelle spire degli sbilanciamenti dei neurotrasmettitori come diversa dalla morte causata da patologie "naturali" e per questo non infamanti. Così arrivano le morti "cardiache" di chi ha il cuore indomabile del più temprato acciaio, e lo spirito fiero dei più irriducibili gladiatori.
L’imbecillità suprema, comunque, risiede nel non capire, nel non poter o voler vedere le dinamiche umane che portano all’espressione di un grande campione, in bicicletta come in altri settori della vita. Marco era riuscito a recuperare da un incidente che lo aveva portato al coma a 16 anni, ed in seguito da altri due incidenti stradali che avrebbero stroncato la carriera agonistica di chiunque altro. Persone "normali" con una piccola parte delle disgrazie fisiche del Pirata avrebbero accettato pensioni da grandi invalidi, e avrebbero passato il resto della vita in sedia a rotelle o in pantofole. Lui, invece, è andato all’assalto anche di queste impossibili salite, di nuovo a velocità incredibili, ed è tornato sulla vetta del mondo, con furore, ogni volta. Jose Maria, quando lasciava distanze abissali tra sè e i migliori ciclisti al mondo che lo inseguivano, doveva portare in cima anche la dolorosa, pesantissima zavorra di una depressione crudele, spietata e inarrestabilmente assassina. Entrambi erano guerrieri capaci di sopportare sofferenze disumane – di tradurre il dolore in espressioni di maestà atletica, in gesta di trascendente potenza vitale. Fino a quando li ha stroncati un male, forse lo stesso.
Chi soffre di male bipolare alterna periodi di grande energia e brillante vitalità a momenti di cupa depressione. El Chaba era notoriamente brillante nella vita sociale come sui pedali – almeno quando sul suo spirito non calava la notte. I bipolari sono spesso, e ovviamente, incapaci di esprimersi con continuità , ma possiedono capacità di recupero straordinarie. Rinascono dalle ceneri più e più volte, in modi e con frequenze impensabili ai più. Spesso sono vittime di dipendenze da alcool, o sostanze proibite che in qualche modo promettono di aiutarle a tenere lontano il nero mostro della notte interiore per qualche ora di più, un giorno ancora, almeno pochi minuti. I bipolari sono talora persone di grande successo: e infatti la scienza medica ne ha studiato la presenza e gli effetti quasi esclusivamente nel dominio della creatività nelle arti, musica, scienza e letteratura. Schumann, Mahler, van Gogh, Ross ini, Hemingway, Caravaggio, Boltzmann, El Greco, Virginia Woolf, Calvino, Byron – l’ elenco dei grandissimi è interminabile. Fattore comune in queste anime è la necessità di vivere a modo proprio, di essere chi si è, di trovare almeno momentaneo rifugio nelle proprie, uniche forme di espressione – di aprire le finestre del proprio spirito, usando l’unico codice segreto che funziona, e respirare qualche boccata d’aria pura per lenire i bruciori dei polmoni devastati dalle ceneri roventi dell’incendio notturno. Campiglio, 5 giugno 1999. Ematocrito fuori norma. Marco viene espulso dal Giro. Le finestre si chiudono, per sempre. I suoi polmoni provano a respirare l’aria bruciante, priva di nutriente ristoro, e ci riescono, per quasi cinque anni. Non oltre, purtroppo.