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Il 15% degli abitanti dell’Unione europea è povero, secondo gli ultimi dati del dicembre 2003. 55 milioni di persone degli attuali Stati Ue, quindi – incluso un bambino su cinque – sono a rischio povertà . La percentuale varia dal 10 della Svezia al 21 dell’Irlanda. Ma il solco che separa l’Europa occidentale da quella dell’Est è e resta molto profondo. è quanto documenta il dossier povertà  curato dalla Caritas Europa, presentato stasera a Bruxelles.

Prendendo a campione tre Stati membri dell’Ue e tre paesi dell’Europa orientale la Caritas ha identificato forti differenze. In Russia, Georgia e Lituania, per esempio, il reddito medio mensile è, rispettivamente, di 88, 102 e 103 euro. Nel Regno Unito, è di 1.096 euro, in Austria 1.420 e in Spagna 650. In soldoni, un russo mediamente guadagna un sedicesimo di quanto porta a casa un austriaco. Una simile, anche se meno netta, disparità  si riscontra nel paniere dei consumi familiari. Le cifre mensili in euro sono le seguenti: Russia 16, Georgia 31, Lituania 27 da una parte; Regno Unito 47, Austria 49 e Spagna 35 dall’altra.

L’alloggio fa la parte del leone nelle spese e questo è un problema particolarmente sentito da chi è in affitto. In Russia, ad esempio, senza sovvenzioni, i costi medi d’affitto, pari a circa 92 euro al mese, superano le entrate nette. La spesa per l’affitto quindi occupa il 50% delle entrate di una famiglia in Russia, Regno Unito, Austria e Spagna. In Georgia e Lituania, dove le persone in genere sono proprietari delle case in cui vivono, i costi per l’alloggio rappresentano una percentuale più bassa rispetto alle entrate – rispettivamente il 23 e il 29%.

La seconda maggior spesa è per la cura dei figli, con costi che variano in maniera notevole. In Russia, le spese mensili per i figli rappresentano il 23% delle entrate nette, in Georgia il 9%, in Lituania il 28%, in Austria il 16% e in il Spagna 15%. Nel Regno Unito, addirittura, si arriva ad una spesa incredibile di 697 euro – pari al 63,5% delle entrate al netto. Tuttavia il governo viene incontro alle famiglie garantendo assistenza gratuita per tutti i bambini dai 4 anni in su.
Poichè lo standard di vita è molto più alto nei paesi dell’Europa occidentale che in quelli dell’Europa orientale, la percentuale di entrate destinate alle spese familiari risulta notevolmente più bassa: 4% nel Regno Unito, 3,5% in Austria e 5% in Spagna, rispetto al 18% della Russia, al 30% della Georgia, al 22% della Lituania.

Se si guarda al numero dei poveri che sono usciti dalla linea del’indigenza attraverso i sistemi di welfare, constatiamo che la Repubblica Ceca nel 1990 è riuscita a far arrivare ben il 90,7% dei vecchi poveri oltre quella linea, mentre il Regno Unito ha avuto un tasso di successo pari solo al 34,4%. Nella metà  degli anni ’90, di nuovo la Repubblica Ceca è riuscita – superando tutti gli altri Paesi presi in considerazione dalla ricerca – a far oltrepassare la soglia della povertà  al 76,8% dei poveri, mentre nel Regno Unito hanno superato questa linea il 41,3% dei poveri. La Repubblica Ceca, perciò, ha raggiunto i più alti tassi di relativa efficacia nei due momenti del periodo preso in considerazione. Anche Polonia e Ungheria, gli altri due paesi di transizione, hanno avuto un tasso di successo abbastanza buono.

I trasferimenti sociali basati su sistemi di accertamento dei redditi in Polonia, Italia, Belgio, Francia e Spagna (e Ungheria nella metà  degli anni ’90) hanno raggiunto tassi più bassi, il che implica che i rudimentali programmi di assistenza sociale, non inseriti in un organico sistema di welfare risultano frammentati, incapaci di offrire grandi benefici, inefficaci nella lotta alla povertà . Dove era attivo anche un sistema di welfare universale, come nei paesi scandinavi, il Regno Unito e la Repubblica Ceca nella metà  degli anni ’90 – i trasferimenti sociali basati su sistemi di accertamento dei redditi hanno raggiunto alti tassi di efficacia nella riduzione della povertà .

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