Promuovere "il bene integrale" delle persone handicappate. Anche prestando "particolare attenzione" alla "cura delle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata". Perchè è una società che desse spazio solo per i membri pienamente funzionali, del tutto autonomi e indipendenti non sarebbe una società degna dell’uomo. Il nuovo appello del Papa a favore dei portatori di handicap è giunto ieri, tramite il messaggio che il Pontefice ha inviato ai partecipanti al simposio internazionale su "Dignità e diritti della persona con handicap mentale", in corso di svolgimento in Vaticano (oggi è in programma la sessione conclusiva).
Il prestigioso appuntamento, organizzato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, costituisce l’ideale punto di arrivo, per la Santa Sede, dell’Anno europeo delle persone disabili. E si inserisce, come ricorda Giovanni Paolo II nel suo messaggio, nel solco dell’antropologia cristiana e del "fattivo impegno del Popolo di Dio" al servizio di questi fratelli. Per questo il Pontefice affronta nel testo diversi aspetti della questione. Tra cui, appunto, quello della sfera affettiva e sessuale, che invece, ricorda, "spesso viene rimosso o affrontato in modo superficiale o riduttivo o addirittura ideologico".
Innanzitutto fa notare: "Forse più che altri malati, i soggetti mentalmente ritardati hanno bisogno di attenzione, di affetto, di comprensione, di amore: non li si può lasciare soli, quasi disarmati e inermi, nel difficile compito di affrontare la vita". Quindi prosegue: "Il presupposto per l’educazione affettivo-sessuale della persona handicappata sta nella persuasione che essa abbia un bisogno di affetto per lo meno pari a quello di chiunque altro: anch’essa ha bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di intimità ".
Ma la realtà è "purtroppo" diversa. "La persona con handicap si trova a vivere queste legittime e naturali esigenze in una situazione di svantaggio, che diventa sempre più e vidente col passaggio dall’età infantile a quella adulta". Il disabile, al contrario, "ricerca relazioni autentiche nelle quali poter essere apprezzato e riconosciuto come persona".
Per questo il Papa raccomanda di far tesoro delle esperienze compiute in alcune comunità cristiane. Esperienze che "hanno dimostrato" come "una vita comunitaria intensa e stimolante, un sostegno educativo continuo e discreto, la promozione di contatti amichevoli con persone adeguatamente preparate, l’abitudine ad incanalare le pulsioni e a sviluppare un sano senso del pudore come rispetto della propria intimità personale, riescono spesso a riequilibrare affettivamente il soggetto con handicap mentale e a condurlo a vivere relazioni interpersonali ricche, feconde e appaganti. Dimostrare alla persona handicappata che la si ama significa rivelarle che ai nostri occhi ha valore".
Il messaggio inserisce il tema dell’affettività nel contesto più generale dell’attenzione all’handicap. "Al di sopra di qualsiasi altra considerazione o interesse particolare di gruppo – scrive infatti Giovanni Paolo II – bisogna cercare di promuovere il bene integrale di queste persone". Il che significa non solo "creare condizioni concrete di vita, strutture di sostegno, tutele giuridiche capaci di rispondere ai bisogni e alle dinamiche di crescita della persona handicappata e di coloro che condividono la sua situazione, a partire dai suoi familiari". Ma anche "fare ciò che è veramente bene per lei, attuare sempre più le proprie ricchezze, rispondere con fedeltà alla propria vocazione umana e soprannaturale".
Invece il Papa rileva come "in questo nostro mondo assetato di edonismo e ammaliato dalla bellezza effimera e fallace" le difficoltà delle persone handicappate siano "spesso percepite come uno scandalo e una provocazione e i loro problemi come un fardello da rimuovere o da risolvere sbrigativamente". La prospettiva deve cambiare, esorta il Pontefice. Perchè "la qualità della vita all’interno di una comunità si misura in buona parte dall’impegno nell’assistenza ai più deboli" e perché "la discriminazione in base all’efficienza non è meno deprecabile di quella compiuta in base alla razza o al sesso o alla religione". Le persone handicappate, conclude Giovanni Paolo II, "testimoni privilegiate di umanità ", possono insegnare a tutti cosa è l’amore che salva e diventare annunciatrici di un mondo nuovo", non più dominato dalla forza.