Senza titolo

Non volevo offendere nessuno, tanto meno colleghi giornalisti che con grande entusiasmo stanno realizzando un nuovo mensile, la cui testata si chiama "Vincere". Eppure, quando ho ironizzato – in una lista di discussione in Internet – sostenendo che "a me basta pareggiare", mi sono reso conto di averla fatta grosso. Ma come? Proprio io, il prototipo di una persona con disabilità  che è riuscita, nonostante tutto, a superare ogni ostacolo, a costruirsi un "progetto di vita", a "vincere" battaglie professionali, ma anche personali e familiari, non condivido una rivista che affronta l’handicap con taglio decisamente positivo?
Ebbene, lo ammetto. Sono un Vincente Pentito. Ho visto acconto a me troppe persone in gambo che non ce la fanno, eppure lo meriterebbero. Sono emarginate, escluse, messe da parte. Sono stanche, deluse, amareggiate. Non hanno nessuno colpa, forse neppure grandi meriti. Ma la vita non è fatto solo per gli eroi, e neppure per i "diversamente abili". Quello che conta è, giorno dopo giorno, essere messi in condizione di partecipare "alla pari", dunque, in fin dei conti, di "pareggiare" e non di "vincere". Anche perché il mitico Gianni Brera -giornalista sportivo per il quale lo sport era metafora di vita – giustamente teorizzava lo "zero a zero" come risultato perfetto, segno di grande acume tattico, di difese accorte, e di attaccanti ben controllati, anche se bravi. Zero a zero, dunque. Che vale un buon punto in classifica. Essenziale per non retrocedere. Dimenticavo: auguri a "Vincere" e al suo benefattore.

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