In Italia è cominciato tutto spontaneamente, nell’ambito del volontariato e del privato sociale. Sono nate qui le prime esperienze di accoglienza dei bambini provenienti dalle zone contaminate dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, nel 1986. Nel tempo l’accoglienza è stata aperta ai minori di diverse zone povere del mondo, ma a distanza di 16 anni 78 bambini su 100 provengono ancora dalla Bielorussia. A gestirne l’ingresso nel 2002 sono state 285 organizzazioni e 487 famiglie, che hanno offerto accoglienza a 30.907 bambini. 7mila in meno rispetto all’anno precedente, come registrano i dati del progetto europeo Rematch per la messa a punto di un modello comune di intervento e assistenza. Quasi un tracollo rispetto al ’97, quando i piccoli accolti a scopo terapeutico erano stati 47mila.