Quale strumento della campagna nazionale di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale "Vacanze coi fiocchi" è stato diffuso un opuscoletto illustrato dove compaiono messaggi che invitano non solo al rispetto delle regole descritte dal Codice della Strada, ma, soprattutto, ad assumere comportamenti rispettosi delle persone, dell’ambiente, degli animali, a limitare l’uso dell’automezzo privato in favore dei mezzi pubblici….Insomma, un sereno e pacato invito ai comportamenti civici, in difesa del benessere personale e comunitario. E fin qui, tutto bene, anzi, bella iniziativa.
Per rendere più accattivanti i messaggi, soprattutto nei confronti dei giovani, l’opuscolo è ricco di immagini e vignette realizzate da notissime firme di autori italiani. Belle e divertenti, non c’è che dire, scelte certamente con cura o addirittura commissionate per l’occasione. Peccato che l’ultima vignetta, quella che in genere, insieme a ciò che viene messo nelle prime pagine è ritenuto materiale importante, sia un messaggio clamorosamente contraddittorio rispetto a tutto lo sforzo profuso nelle pagine precedenti. La vignetta illustra un accigliato omino con baffi e cappello alla guida della sua macchina che afferma "chi corre in auto non lo fa perché è in ritardo ma perché è un ritardato".
Perchè, ancora una volta, si associa un comportamento socialmente pericoloso (chi guida in modo azzardato e ignorando le regole costituisce certamente un pericolo per sè e per gli altri) alla condizione di chi è affetto da problemi di ritardo mentale?
Perchè, ancora una volta, si assumono comportamenti discriminatori nei confronti di cittadini che hanno, tra i tanti problemi, quello di non potere auto-difendere i propri diritti?
Che giovamento può trarre una campagna – con intenzioni del tutto condivisibili – dall’utilizzo di messaggi inaccettabili, appartenenti alla peggiore cultura che associa il pericolo sociale a chi vive una condizione di relazione sociale e ambientale che spesso è negativa non per effetto della patologia, ma, all’opposto, per effetto dei meccanismi di esclusione e di emarginazione che il luogo sociale in cui la persona vive mette in atto.
"Vacanze coi fiocchi" è patrocinata dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dal Senato, dalla Camera dei Deputati, dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, da Prefetture, Amministrazioni Provinciali, Comunali, Società Autostradali, Aziende USL e da decine di sigle di associazioni ambientaliste, di difesa dei diritti dei consumatori, ecc.
Ad ANFFAS non spetta approfondire e conoscere le modalità di verifica e di controllo che sono state attivate per aderire all’iniziativa. Ad ANFFAS interessa invece denunciare l’ennesima discriminazione, resa ancora più grave in un periodo in cui, da mesi, sono centinaia le iniziative organizzate per celebrare l’Anno 2003 Anno Europeo delle Persone con Disabilità . Iniziative che per fortuna non parlano più il linguaggio della "sfortuna" e della "benevolenza" ma parlano il sacrosanto linguaggio dei diritti umani, civili, sociali e politici delle persone con disabilità .
In questi giorni, il Governo ha recepito la Direttiva 78/2000 dell?Unione Europea che fissa le norme di comportamento a cui gli Stati membri si dovrebbero uniformare per garantire il diritto al lavoro per quei cittadini a rischio di discriminazione per motivi di salute, razza, sesso, religione o appartenenza politica.
Purtroppo, manca ancora una legge italiana in materia di Non Discriminazione che permetta di punire chi compie azioni discriminatorie, in questo caso, nei confronti delle persone con disabilità mentale. Peccato, perché avremo volentieri avviato un procedimento per verificare se azioni come quelle qui denunciate possano essere censurate e sanzionate.
Nell’attesa, senza presunzione e arroganza, ci permettiamo di invitare le istituzioni a riflettere su quanto qui esposto e, contemporaneamente, a studiare, insieme alle Associazioni dei Disabili e delle loro famiglie, un modo per evitare che altri simili gravissimi incidenti si ripetano. Noi ne suggeriamo subito uno: smetterla di pensare alle persone con disabilità solo come persone fruitori di servizi e prestazioni, ma, appunto, come persone e cittadini. Punto e basta.