CARO Direttore,
Sento la necessità di parlare con te per iscritto oggi, con il cuore pieno di tristezza. Voglio raccontare la storia del "barbone" morto sabato notte a Piazza Capranica, un suicidio commentato con leggerezza dai passanti e anche da alcuni residenti. Invece la storia di Sergio, così si chiamava, merita un minuto di attenzione, e una preghiera.
Sergio era un uomo buono, pieno di dignità , barbone come spesso capita per scelta; e non era un ubriacone, come qualcuno – quando ho appreso al mio rientro a casa la notizia – si è affrettato a dire. Sai Direttore, se sei ubriaco o drogato o balordo sembra quasi che la morte valga qualche cosa di meno, in una classifica stilata da chi adora lavarsi di corsa la coscienza, senza fermarsi a pensare che quella vita finita sia degna di un pensiero, di un silenzioso pensiero che faccia sentire meno solo chi per solitudine è morto.
Sergio si è arrampicato sulle impalcature che coprono la facciata della chiesa, e sobrio, convinto da quella forza che lo aveva spinto fin lassù, si è ricordato forse di quando tanti anni fa faceva surf. Già , perché il balordo Sergio mi aveva raccontato di aver cavalcato le onde: "ero bravo sa?", e di aver provato l’ebbrezza del volo sull?acqua.
Ma questa volta è stata la disperazione a spingerlo. Senza un lamento, senza proclami, senza pubblico.
Solo la Morte lo ha guardato negli occhi. E lui Le ha messo negli occhi i suoi, grandi e azzurri.
È morto così Sergio, che da me accettava solo le sigarette, che si lavava alla fontana, che amava i cani con tenerezza, che mi aiutava a tenere il posto per la macchina, ma si offendeva se mettevo la mano al portafoglio.
È morto un barbone, ad agosto, a Roma, suicidandosi davanti alla chiesa nella quale lo avevamo visto tutti tante volte, seduto, zitto, a parlare chissà con chi. Volevo che tu lo sapessi Direttore.
Perchè quando un uomo viene sfrattato da un marciapiede a noi sembra che possa trovarsene un altro, perché la nostra sudata e decorosa condizione di "normali" ci fa guardare con sospetto che sfiora il fastidio chi vive per strada; perché togliersi la vita è la negazione di tutto ciò che abbiamo.
Ma Sergio era un uomo buono. E le storie degli uomini buoni nessun perbenismo le potrà cancellare. Grazie di avermi ascoltato.
PAOLA SALUZZI, conduttrice Tv