CERAMICHE E VERSI OLTRE IL VOLONTARIATO

L’associazione Cavallo bianco è nata nel 1988 come laboratorio permanente di diversità  del quartiere Appio Latino. Un gruppo formato da disabili e non, che si muovesse per riuscire a risolvere i principali problemi dei suoi componenti (che sono poi quelli di chiunque): lavoro e integrazione. Per questo il Cavallo bianco si è messo in contatto con chi si occupa di queste problematiche. Con la Comunità  di Capodarco i 35 soci dell’associazione hanno risolto i problemi lavorativi, occupandosi di ceramica e di organizzazione di "vacanze sociali". Per ciò che riguarda l’integrazione, l’interlocutore privilegiato è stata la Caritas diocesana. Il Cavallo bianco ha anche organizzato mostre in cui venivano esposti i lavori di ceramiche, oltre che poesie e disegni dei soci.
Ecco un commento di Giovanni Sansone, uno dei fondatori dell’associazione: Noi volontari e operatori sociali dell’associazione Cavallo bianco, pur avendo alleviato il malessere di tante persone, non siamo riusciti a dare veramente voce agli ultimi, ai "reietti" di questa società . Pur condividendo ogni giorno la con-divisione, siamo ancora nella situazione di fare discorsi "sugli" handicappati, "sui" barboni, "sui" tossicodipendenti; "sugli" stranieri, "sugli" anziani. Non riusciamo ancora ad essere canali per stimolare e fare esplodere i discorsi degli handicappati, dei barboni, dei tossicodipendenti, degli stranieri, degli anziani. Per farli parlare di se stessi e dei loro problemi.
Evidentemente ci mancano gli strumenti idonei per poter avviare un processo nuovo, abbiamo necessità  di uno sviluppo culturale che ci aiuti ad incontrare veramente l’altro. Ogni tanto si fanno esperimenti di para-letteratura e si dà  la possibilità  agli emarginati di scrivere e raccontare il proprio mondo, con risultati artistici dignitosi. Ma probabilmente neanche con queste operazioni culturali si riesce a far venire alla luce il mondo interiore di chi è da sempre ai margini del mondo, di chi porta fin dalla nascita il bollo della diversità  sulla propria pelle.
Paradossalmente, coloro che vogliamo far esprimere debbono necessariamente usare i tempi e i modi che decidiamo noi. Un handicappato mentale per poter essere inserito nel lavoro e nella vita sociale deve imparare le regole del vivere civile. Se non ci riesce è considerato un soggetto grave, un irrecuperabile. C’è da chiedersi se tutto ciò è veramente quello che è da intendersi per "integrazione".

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