DAL DIARIO:
Date tutte le difficoltà di questo tour, ed il timore che lo precedeva, sono andato sul palco, nonostante ciò, principalmente di buon umore, una volta o due in un buon umore auto-protettivo, ma malgrado ciò sempre in buona fede. Ora, lo devo accettare: mai più così.
Mi trovo in una posizione comparabile a trent’anni fa, dove non vedevo nessuna soluzione esterna al futuro: personalmente, professionalmente, politicamente, economicamente, a livello nazionale o globale. Poi le ali della farfalla batterono ed il collasso dello status quo nell’Ovest si mosse ulteriormente verso Est : l’URSS, la Yugoslavia, la Croazia, la Bosnia, e un po’ più già in Israele, Palestina, Iran, Iraq. Ciò fa tutto parte di un massiccio cambiamento, di cui il breve momento presente è di 200 anni. I dettagli sono imprevedibili, la visione generale ancor di più.
Una persona, con la telecamera o con la pistola, può causare distruzione molto più della sua scala quantitativa. Piccole unità mobili, di vari gradi di intelligenza, sono capaci di danneggiare unità più grandi ed influenzabili, che sono inevitabilmente vulnerabili. Un piccolo atto può causare ripercussioni che si diffondono molto al di là del suo obiettivo originale e, dove questo atto è violento, ha la capacità di ripercuotersi e infliggere tutti i tipi di danno a quelle parti nominalmente rappresentate/difese da quell’atto di violenza.
Un atto di violenza è la reazione ad un altro, e ne genera a sua volta un altro. Ciò è la gravità al lavoro. Perdiamo tutti, sebbene le maniere di perdere siano differenti.
Così la sola soluzione che posso vedere, ora come trent’anni fa, è un’azione interna.
Ci sono azioni significative che hanno luogo che, principalmente, noi non riusciamo a vedere. Occasionalmente, leggo una piccola cosa su un quotidiano ed ho un feeling: ciò non serve ad attrarre pubblicità , ciò non è eccitante, qualcosa sta accadendo qui. Ma questo tipo di azione interna non è, e non può esserlo nella sua natura, istituzionalizzata. Non può essere fissata in questa maniera, oppure serve a qualcosa che è altro rispetto al suo inteso concetto base.
Quando qualcosa di reale, di genuino, di autentico, ha luogo, ha luogo per un po’. Uno scopo specifico è onorato. Poi, lo spirito si muove verso un’altra situazione esterna, dove un’altra azione è iniziata.
Talvolta ci sono testimonianze lasciate di pezzi di lavoro particolari, o di scuole in azione. Talvolta sono pezzi di architettura, come quelli che mi danno speranza quando sto in tour in Europa. Talvolta pezzi di letteratura portano un eco di qualcosa più distante. Ma tutti questi lavori esterni, comunque reali, comunque "oggettivi", sono solo dita puntate alla luna. Non è abbastanza fare foto di questi edifici, attaccarli al muro, o usarli come screen-saver, e meravigliarci agli incanti di un epoca antica.
L’architettura è interna, l’edificio esterno.
E qui/lì sono di nuovo: il solo futuro che vedo è la costruzione di una architettura interna.
Selezione e traduzione di Antonio De Honestis