Sul mito di Pinocchio: esperienze di laboratorio teatrale delle diversità

Per Karl Delacato e la sua èquipe dell’Istituto di Filadelfia e per il neurologo Fay, il cervello umano è il prodotto di una evoluzione.
È come se nel nostro cervello fosse scritta senza errori ortografici tutta la storia biologica dell’uomo, ma sepolta dentro ciascuno di noi.
Fummo pesci e poi rettili e infine mammiferi. Nuotammo, strisciammo e, quindi, camminammo a quattro zampe senza parlare e scrivere, prima di alzarci in piedi, marcare la scrittura, trasformare due zampe in gambe e due in braccia, assegnare ad ogni braccio, ad ogni mano una funzione diversa, permettere alla mano di uccidere e di scolpire la roccia, di scrivere e di ricordare ciò che è scritto.
Ogni nuova fase di questa evoluzione è restata scolpita nel cervello a una profondità  gelosa e segreta, così che l’uomo porta con sè tutto il passato della specie in attesa che qualcuno la sveli.
Si può dire che ogni movimento del corpo, delle membra, dei sensi è un processo di apprendimento. Il bambino muovendosi nella culla, camminando successivamente carponi, progressivamente impara a distinguere lo spazio dal tempo, a misurare l’uno e l’altro. Acquista, per così dire, una tecnica dell’apprendimento sempre più complessa mano mano che cresce. Ma queste azioni che egli compie strutturano anche il cervello, ne condizionano la sua maturazione.
Leroi-Gourhan indirettamente dà  un avallo antropologico alle teorie di Delacato. In "Il gesto e la parola", parla, in una prospettiva che va dal pesce dell’Era primaria all’uomo dall’Era quaternaria, di una serie di liberazioni successive:
– quella dell’intero corpo rispetto all’elemento liquido
– quella della testa rispetto al suolo
– quella della mano rispetto alla locomozione
– quella del cervello rispetto alla maschera facciale
Il mondo vivente matura da un’età  all’altra, operando una scelta di forme pertinenti, si pone in luce una lunga strada in regolare ascesa sulla quale ogni "liberazione" segna un’accelerazione sempre più notevole. In questa concatenazione, le forme pertinenti sono quelle che, in ogni momento dello svolgimento, presentano l’equilibrio migliore, sotto il triplice aspetto della nutrizione, della locomozione e degli organi di relazione, nella mobilità  e nella vivacità , caratteristiche fondamentali delle specie scelte per dimostrare la progressione ascensionale del mondo vivente.
L’ACQUISIZIONE DELLO SPAZIO E DEL TEMPO, caratteristica dominante dell’uomo, impronta in modo sorprendente tutte le testimonianze scelte per illustrare la sua ascesa.
La MOBILITÀ potrebbe essere considerata l’elemento importante della evoluzione verso l’uomo. I paleontologi non lo hanno tralasciato. Era tuttavia più naturale prendere come caratteristica dell’uomo l’intelligenza che non la mobilità , per cui le teorie si sono basate in primo luogo sulla preminenza del cervello, il che, soprattutto dai primati in poi, ha sovente falsato l’interpretazione dei fossili. La conquista dell’aria libera, l’affrancamento dalla reptazione, l’accesso alla bipedia costituiscono altrettanti temi assai bene studiati da quasi un secolo; ma è comunque significativo il fatto che appena trenta anni fa si sarebbe accettato quasi più facilmente un quadrupede con cervello già  umano, che un bipede cerebralmente in ritardo come 1’Australopiteco. Questo punto di vista "cerebrale" dell’evoluzione oggi appare inesatto e sembra che esista una documentazione sufficiente a dimostrare che il cervello si è avvantaggiato dei progressi dell’adattamento locomotore, anzichè provocarli.

Nasce la necessità  di riappropriarsi della propria Storia (spirituale, sociale, culturale, politica, etc) come Uomo e come Collettività , nella riscoperta e nel recupero di quei linguaggi non verbali sepolti, nella educazione dell’Essere-Corpo.
Lo spazio non viene inteso più soltanto come "spazio metrico", ma anche come "spazio sensibile".
È uno spazio di movimento, di colori, di suoni, di odori e di sapori, di buio e di luce, interno ed esterno, di tono muscolare e di percorsi-traccia.
Ogni persona è portatrice di una sua storia corporeo-sensoriale, che bisogna imparare a leggere per continuare a scrivere insieme, nella sua lingua, in quella lingua sepolta nella memoria del corpo di ognuno.
L’obiettivo pedagogico è, quindi, lo sviluppo della personalità  nella rivalutazione dell’entità  corpo-sensoriale come elemento diverso e comune (la diversità  come norma) e, quindi, come presupposto alla socializzazione e non alla massificazione.
Ad ogni cosa del mondo fisico corrisponde un suono, che è quello dell’energia che lo anima. Il movimento è espressione vitale e, quindi, traccia (sonora, cromatica, plastica) in evoluzione nello spazio, che crea intorno a sè per irradiazione.
Vivere è tracciare nel vuoto, sonoramente, graficamente, con la propria forma, destinata alla comunicazione già  nell’esplicitazione della sue caratteristiche fisiche: noi siamo il nostro corpo-traccia.
Gli obiettivi da raggiungere sono:
– la concentrazione, l’attenzione nel sentire sia il mondo interno che 1’esterno;
– la percezione consapevole di tutti i sensi e della loro associazione sinestetica;
– la propriocezione;
– l’espressione di tutti i linguaggi;
– la riflessione sul percepito e sulle tracce espressive;
– la comparazione delle tracce (colore, segno, forma plastica, movimento, suono, parola) proprie e del gruppo;
– l’associazione analogica fra sè e le altre realtà  interpretate con il movimento (ritmi architettonici, crescita di vegetali, geometria dei minerali, etc.);
– ipotesi sul concreto, partendo dalla possibilità  di reazione sia proprie che degli altri, che dei materiali, riscontrate nel vissuto;
– la consapevolezza della propria individualità  percettivo-immaginaria, che comporta il rispetto degli altri.
È bene precisare che "globalità  dei linguaggi " non va preso come sinonimo di globalità  dei linguaggi non verbali, con esclusione della parola dalle attività , ridotte a giochi ripetivi e senza senso, mentre la parola rimane esclusivo appannaggio di altri momenti.
Altresì, non vanno nemmeno demonizzati ovvero esaltati linguaggi artificiali quali quello delle videoimmagini e quello dei computers. Essi vanno ridimensionati e posti al servizio della persona, nel tentativo di integrare e dare corpo alle costruzioni fantasmatiche del profondo di ognuno. Far riaffiorare il sommerso della persona significa aiutarla a prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie potenzialità , magari continuando ad usare i propri schermi, ma con la coscienza dei filtri personali in gioco.
In tal guisa, risulta chiaro che non va invertito il rapporto corpo-mente, mantenendo i due poli in una scala gerarchica uguale e contraria a quella in precedenza dominante e coltivando l’illusione che modificando comportamenti e attitudini motorie, si può, ipso-facto, produrre una modificazione delle emozioni che, presumibilmente, a quelle attitudini erano collegate.

Il Laboratorio delle diversità  sul territorio viene proposto come un cammino di riscoperta "antropologica" del proprio Essere-Corpo, dell’essenza Uomo.
Dal confronto con dinamiche primigenie dell’Universo quali il buio e la luce, parte un’attività  di drammatizzazione, intesa nel senso più ampio dei termine: contatto con la realtà  esterna, interiorizzazione, dialettica interno-esterno, esteriorizzazione tramite il segno cromatico, il corpo, il gesto, la parola; tastando e misurando il tempo e lo spazio, con il fine dell’appropriazione di essi la più completa possibile.
Le dinamiche primigenie dell’universo ruotano intorno ad un percorso di ricerca condotto intorno al TEMA DELLA NASCITA.
Tale tema finora è stato strutturato intorno alla favola di Pinocchio (e ai miti collegati, fin dagli archetipi della tragedia greca), ponendo al centro le mille ed una nascite e rinascite del burattino di Collodi, fino alla conclusiva nascita, che coincide con la fuoriuscita da un ventre materno, quello della grande balena, la mamma del mare. Ma attraverso la vicenda di Pinocchio, si sono cominciati ad analizzare anche alcuni temi legati al pregiudizio, alla discriminazione, alla diversità , alla pedofilia.
Pinocchio è il diverso per antonomasia fin dalla sua nascita. è una nascita mai avvenuta e codificata, che cerca in vari eventi di farsi carne, di entrare nella Storia. La difficoltà  della riuscita è da riscontrarsi in un mondo esterno prevenuto rispetto al diverso. Ma lo stesso "emarginato" Pinocchio emargina, ad esempio, il Grillo Parlante, proponendo una interessante antilettura dell’eroe positivo, che, trovandosi, per una volta, in una situazione di predominio rispetto all’altro, diventa anche egli un personaggio che discrimina ed emargina.

Il Laboratorio "Pinocchio" è da intendere come un "work in progress" nel vero senso del termine, cioè un’occasione per porsi e porre delle domande ragionevoli. Rendersi conto dell’impossibilità  ontologica di risposte definitive e della necessità  di approntare un proprio apparato personale e collettivo di interscambio dialettico, nel recupero della memoria storica e della specie.
L’esperienza maturata in tanti anni ci conforta nell’affermare che quelle persone che normalmente sono definite "portatori di handicap" sono anche portatori di cultura. Un handicap porta necessariamente ad una menomazione, che non permette di fruire appieno di una serie di situazioni di cui fruiscono invece normalmente gli altri. Sempre però la menomazione porta ad un affinamento di altre qualità  fisiche, intellettive o spirituali (non occorre qui demagogicamente citare, ad esempio, il fine udito dei non vedenti), strumenti di decodifica della realtà , tagli sul mondo reale diversi dalla norma.
Similmente, al confronto della cultura occidentale e della cultura africana o asiatica, cioè tra culture della mente e culture del corpo, è ipotizzabile, all’interno della stessa cultura occidentale giungere ad un incontro tra la cultura ufficiale scolastica della mente e la cultura del corpo. Non c’è qui da stabilire inutili gerarchie, quanto di saper mettere sullo stesso tavolo diverse culture o, meglio, una cultura delle diversità .
Diversità  quindi intesa non più come elemento negativo connotativo della persona, ma come strumento posseduto dall’altro (e che io non posseggo) per cercare di decodificare la realtà .
Più strumenti diversi portano a cogliere momenti e sfumature diverse della stessa realtà : le singole percezioni, prese insieme, possono aiutare a formulare meglio le domande ragionevoli di fondo. Qui è d’uopo una parola spesso troppo usata a sproposito: sinergia. In definitiva (ed è ciò che dovrebbe accadere ordinariamente nel Laboratorio), ad uno stimolo comune ognuno reagisce diversamente e diversamente lo interiorizza per poi eventualmente esteriorizzarlo nel disegno, nella pittura, nella scrittura, nella musica, nella fotografia, nel teatro, nel video.
I frammenti, esteriorizzati secondo il media personalmente prescelto, presi insieme ci aiutano ad avvicinarci alla natura dello stimolo comune iniziale. Ma mai tale stimolo verrà  completamente definito: l’importante è imparare a formulare ipotesi e domande, cioè, in definitiva, l’importante è riuscire ad armonizzare la propria diversità  peculiare con se stessi e con la diversità  degli altri, nell’interscambio reciproco e solidale.
Ciò è quello che viene definito "confronto di corpi", trovare una via a due sensi di comunicazione-espressione.

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