Abbiamo tutti presente come l’urto emotivo di una catastrofe naturale o di una guerra, magari amplificata dai media, provochi puntualmente una grande solidarietà . Tuttavia, quando le difficoltà perdurano, specie se ci toccano da vicino, ecco spesso emergere subitanee chiusure e camuffati egoismi, mancanza di un rispetto effettivo della vita e della dignità umana, disimpegno e indifferenza. Si tratta a quel punto di problemi che chiedono di stare nella società con cuore rinnovato proprio grazie agli eventi stessi, e dunque di spendersi a favore degli altri. "Quanti pani avete??Come faremo a sfamare queste folle?". Quando ci si lascia interpellare da un’emergenza e dai bisogni spietati del nostro tempo si scopre la fatica, a volte l’impossibilità di approntare soluzioni e di prendersi in carico i volti della disperazione e della povertà . In questi giorni, colpiti violentemente dall’ecatombe che s’è schiantata sul Sud-Est asiatico, dobbiamo davvero pensarci "senza frontiere", dentro i guasti dell’intero creato, per educarci a considerarli correlati tra l’ambito locale e quello internazionale.
Restituire centralità e dignità alla persona porta con sè la necessità di un comune senso di responsabilità e di partecipazione attorno a stili di vita e a progetti che sappiano incidere nel nostro vivere quotidiano. "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". "Ora sapete queste cose? ma sarete beati quando le metterete in pratica". La solidarietà è questione di stile anzitutto. Non è forma o arredo, non è decoro o cosmesi, non è emotività . Lo stile qui è stigma indelebile e originale, attinto dalla cosa stessa. In altre parole, si tratta di verificare se le parole della compassione e le azioni della consolazione ci coinvolgono personalment e inducendoci a osservare e ascoltare con continuità . Obbligandoci a tenere occhi aperti e udito desto, oltre l’urto del momento. Ad esprimere autocontrollo nella denuncia, ma anche forza d’animo per non abbandonarsi alla sfiducia e all’esasperazione. Una vita che si modula sul registro della gratuità non si lascia mai andare, non paralizza l’altro con infauste previsioni. Può anche decidere di segnare un colpo, qualora ciò sia necessario, ma l’importante è che ci si ponga in favore di tutti, a partire dai più poveri. Comunque senza enfatizzazioni drammatiche, e partecipando – nel caso – alla paura comune con la fede. Si spoglia allora, questa vita, delle troppe armature e si cercano le poche parole che davvero servono e le azioni giuste e ben mirate. E ci si accosta intanto in tutta umiltà e con il grembiule dei servitori, volti a seminare calma, senso di oggettività , capacità di scrutare dall’alto e di puntare lo sguardo lontano, accettando talora anche l’impantanamento lungo le strade, nei viottoli, nei rigagnoli della singola vicenda umana. Una vita confortatrice che cerca a sua volta conforto, un’esistenza sostenitrice che cerca a sua volta sostegno, una storia consolatrice che ha bisogno di essere consolata. Senza una cura che si esprime nel quotidiano, nessuna presenza risulta davvero gratuita. Avere cuore e premura per i fatti dell’uomo non è cosa da poco. Significa tendere ad amare Dio con cuore pieno e il prossimo come se stessi. Dietrich Bonhoeffer ci aveva avvertito: "Resta un’esperienza di eccezionale valore l’aver imparato (?) a guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola, dei sofferenti? Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni; e nell’accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell’alto".