Il trionfo scontato di Lukashenko

MINSK
Niente di nuovo sul fronte bielorusso. Le consultazioni elettorali di domenica hanno sostanzialmente riconfermato il potere indiscusso di Alekansdr Lukashenko sulla repubblica ex sovietica, che dirige dal 1994 con pugno di ferro. Il voto di domenica era duplice: da una parte i cittadini bielorussi dovevano pronunciarsi a favore o contro l’emendamento della costituzione che permette al presidente di presentarsi per un numero illimitato di mandati; dall’altro dovevano rinnovare il parlamento. In entrambi, il padre-padrone di Minsk ha riscosso – almeno sulla carta – un trionfo assoluto. Il 77 per cento degli aventi diritto al voto ha infatti votato sì al referendum, spianando la strada a una terza elezione di Lukashenko nel 2006. Quanto alle elezioni legislative, nessun seggio è stato assegnato all’opposizione liberale, che ha peraltro denunciato brogli e irregolarità.

Le denunce sono state rilanciate anche dagli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che hanno seguito le elezioni legislative, ma non il referendum (ritenuto di dubbia legittimità). Il capo degli osservatori dell’Osce, Tone Tingsgaard, ha affermato che lo svolgimento delle elezioni è stato «ben al di sotto degli standard di regolarità internazionali». «Le libertà democratiche sono state per lo più ignorate dalle autorità», ha denunciato Tingsgaard. A suo avviso anche l’abbinamento con il referendum costituzionale ha contribuito «a un clima elettorale nettamente distorto».

Nulla di strano invece per Mosca, secondo cui il voto di ieri «riflette la volontà popolare e deve essere rispettato». «Dal nostro punto di vista – ha fatto sapere il ministero degli esteri russo – il risultato delle lezioni è uno spaccato delle opinioni della popolazione. Si può dire che tutto si è svolto nella calma e in modo trasparente».

Ma, in tarda sera, la calma è stata infranta dalla marcia di un migliaio di persone verso la residenza di Lukashenko con cartelli con scritto «no al terzo mandato» o «vergogna». Agenti in tenuta antisommossa hanno disperso a manganellate i manifestanti e fermato alcuni di essi.

Forte del sostegno di Mosca, Lukashenko si è fatto beffe dell’Osce e ha invitato l’Occidente «a farsi gli affari propri». «Quello che è stato detto e scritto è per il 95 per cento falso» ha detto il presidente bielorusso, «i risultati sono stati schiaccianti e non mi sarei mai aspettato un sostegno simile. Farò il possibile perché nessuno si penta di questa scelta; le nostre riforme sono uno sviluppo rivoluzionario di ciò che resta dell’Unione sovietica».

L’uomo forte di Minsk ha dunque ancora una volta stravinto: eletto per la prima volta nel 1994, nel 1996 riuscì ad estendere il mandato con un referendum e fu rieletto a stragrande maggioranza nel 2001; ma su entrambe le occasioni, sul voto pesarono le critiche e le denunce di brogli non solo delle opposizioni, ma anche dagli osservatori internazionali e dalla cancellerie occidentali.

Stavolta il clima è lo stesso: le opposizioni non hanno esitato a definire il voto «una farsa» e proprio domenica sono circolate fotografie che ritraevano elettori a cui venivano consegnate schede pre-votate. Del resto alla vigilia delle consultazione, tutti i sondaggi indipendenti coincidevano sul fatto che a Lukashenko mancava un 10/16 per cento dei voti per ottenere la modifica costituzionale. E le opposizioni adesso non tacciono: «È stata una frode in larga scala», ha detto Vintsuk Vyachorka, leader del Fronte Nazionale, «una vera e propria farsa». Non solo: il deputato comunista Sergei Kaliakin ha denunciato il fatto che la televisione pubblica ha cominciato a trasmettere già a mezzogiorno di domenica presunti ‘exit-poll’ che sostenevano la vittoria dei `si’ con oltre l’80% dei voti.

Burocrate di basso livello eletto presidente dieci anni fa sull’onda di una popolarità allora genuina, Lukashenko ha portato avanti una politica estremamente conservatrice e autocratica – con il soffocamento dei diritti civili -, che ha condotto all’isolamento internazionale del suo paese.

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