Che quello italiano in Iraq non fosse un "intervento umanitario" lo sapevamo bene sin dall’inizio tutti, a cominciare da Bush e Berlusconi. Quanto quella squallida sceneggiata contenesse in sè tutti i presupposti della tragedia, l’Italia lo ha purtroppo angosciosamente constatato in occasione della prima strage di Nassiriya.
Ma quello che è successo ieri non consente più a nessuno – nemmeno a Ciampi e a Fassino, le cui reazioni di ieri mi hanno francamente deluso e definitivamente deluso – di giocare con le parole, nemmeno con la magica e salvifica parola di tre lettere "Onu" o con provvidenziali date come quella del 30 giugno.
I soldati italiani hanno compiuto una strage in Iraq. è questa la sconvolgente, inequivocabile realtà , con tutte le inevitabili conseguenze nel contesto di quella guerra senza regole. Credo sia la prima volta per il nostro esercito, per il nostro Paese – senza nemmeno la finzione dell’"ombrello Nato" della guerra in Kosovo – dalla fine della seconda guerra mondiale. Una guerra di occupazione in piena regola, unilaterale, scatenata ai danni di un popolo già stremato da una feroce dittatura e dai terrificanti bombardamenti anglo-americani.
È intollerabile – persino in questo regime di indecenze quotidiane che ci impone il governo di centrodestra – che di fronte a un evento come quello di ieri, mentre peraltro in Iraq circolano comprensibili voci di secchi "ultimatum" lanciati alle nostre truppe, il Parlamento non abbia avuto la possibilità nè sentito la necessità di un’immediata assemblea d’emergenza per valutare il da farsi. Al senso dello Stato del presidente del Consiglio non ci crede più nessuno, probabilmente nemmeno lui. Ma che hanno fatto Pera e Casini, questi sedicenti "moderati" e "liberali", per consentire almeno in questa occasione alle nostre Camere di adempiere, pur tardivamente, ad un elementare dovere di tutela della dignità e della onorabilità del nostro Paese, oltre che della stessa incolumità degli uomini in divisa costretti da una politica scellerata a partecipare a quello scempio della legalità internazionale e dei diritti umani?
Debbo rilevare, poi, con autentica angoscia che nemmeno ieri nelle opposizioni ci sia stato uno scatto unitario e forte di responsabilità . Mentre persino uomini come il diessino "riformista" Caldarola si mostravano annichiliti, prendevano atto che "oggi cambia tutto" e che "non si può attendere il 30 giugno per il ritiro, in attesa dell’Onu" e che "il ritiro deve essere immediato", il presidente e il segretario dei Ds balbettavano di "nuova risoluzione dell’Onu" e della pericolosità di un "abbandono precipitoso".
Precipitoso? Là , in Iraq – caro D’Alema – è precipitato tutto, e nemmeno da ieri. L’Italia sprofonda nella guerra. Ciò che avverrà in Iraq da domani – come se non fosse bastata la tragedia infinita svoltasi sotto i nostri occhi, sotto i "nostri" fucili dall’inizio della guerra a ieri, in una escalation ampiamente prevedibile e prevista – sarà addebitabile certamente a Bush e a Berlusconi, ma anche ai massimi esponenti delle istituzioni condivise e della stessa opposizione che non avranno saputo reagire, almeno adesso, da uomini di cuore e da politici responsabili.