La regolarizzazione del 2002, chiusa positivamente la complessa fase della gestione di ben 704.000 domande, rimane una questione aperta per quanto riguarda l’inserimento dei nuovi venuti e per gli interrogativi che si pongono circa la pressione migratoria e i futuri flussi. Il Dossier statistico immigrazione della Caritas di Roma evidenzia alcuni aspetti e getta le basi per uno studio sui flussi di immigrazione, alla luce proprio dell’ultima regolarizzazione. Lo fa studiando i dati messi a disposizione dal Ministero dell’Interno.
Il nuovo panorama si struttura in una presenza straniera di almeno 2 milioni e mezzo di soggiornanti regolari. La Romania è il primo gruppo, mentre il Marocco e l’Albania seguono distaccati di qualche decina di migliaia di unità : tutti e tre i paesi si collocano, comunque, al di sopra delle 250.000 unità . L’Ucraina è al quarto posto con 120.000 soggiornanti.
"Una particolare attenzione – afferma il Dossier Caritas – meritano i paesi dell’Est Europa, che hanno inciso per ben il 60% sulle domande di regolarizzazione, hanno quasi raddoppiato la loro consistenza, sono ormai più di un terzo della popolazione immigrata e continueranno a premere per trovare sbocchi lavorativi. Nel dettaglio: Romania (147.947, 21%) e Ucraina (106.921, 15,2%) detengono insieme più di un terzo delle istanze presentate. Meritano, poi, una considerazione realistica non solo i vicini paesi del Nord Africa, ma anche i paesi transoceanici sia dell’America Latina che dell’Asia (Cina, Filippine e Subcontinente Indiano). Per comprendere queste diverse provenienze – continua -, oltre alla vicinanza geografica, bisogna pensare alla forte pressione migratoria che si riscontra anche in area molto lontane, all?effetto richiamo dei gruppi già insediati in Italia e anche alle esigenze del nostro mercato occupazionale".
Pressione migratoria in atto. Per rilevare la pressione migratoria in atto possiamo calcolare l’incidenza delle domande di regolarizzazione sui soggiornanti già registrati dal Ministero dell’Interno. Si constata così che, rispetto alla media d’aumento di tutta la popolazione immigrata (51,8%) dovuta alla regolarizzazione, si verificano "aumenti di eccezionale portata" per alcuni paesi. In particolare: di 2 volte per la Polonia, la Romania e la Bulgaria; di 3 volte per la Bolivia; di 4 volte per l’Ecuador; di 5 volte per la Moldavia; di 8 volte per l’Ucraina. Per tutti gli altri gruppi nazionali il dinamismo è differenziato. Infatti si collocano sensibilmente al di sotto al di sotto della media (aumento del 31-35%) Marocco, Albania, Nigeria e Colombia; poco al di sotto della media (40%) India e Senegal; poco al di sopra della media (poco più del 50%): Cina, Perù, Egitto, Macedonia, Russia, Bangladesh, Pakistan e Algeria; parecchio al di sotto della media (20%) Filippine, Tunisia, Sri Lanka, Brasile, Croazia, Ghana e Jugoslavia.
Trattandosi della quinta regolarizzazione in nemmeno 20 anni, risulta evidente secondo lo studio che "questi provvedimenti eccezionali hanno finora costituito il pilastro principale della politica migratoria: la maggior parte degli immigrati oggi soggiornanti è venuta al di fuori dei canali ufficiali di ingresso, perché sono state fissate quote troppo base e perché le procedure di accesso sono scarsamente praticabili". Dal 1999 ad oggi il consuntivo del fabbisogno aggiuntivo di lavoratori immigrati è pari a circa 200.000 unità l’anno: "basti pensare che la quota di lavoratori stabili programmata per il 2004 è, invece, di 29.500 unità ". Inoltre, si precisa, "il meccanismo cardine per l’inserimento lavorativo dall’estero resta la sola chiamata nominativa che, seppure integrata con le possibilità di iniziative formative all’estero, non può essere considerata la soluzione di tutti i problemi finora emersi specialmente nell’ambito delle famiglie e delle piccole aziende".
Perciò, secondo la Presidenza del "Dossier Statistico Immigrazione" (Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Caritas di Roma) Migrantes "si pone non solo il problema di un adeguamento realistico delle quote programmate ma anche quello di un più adeguato collegamento tra domande e offerte di lavoro. Attualmente non sono più praticabili le possibilità di incontro consentite dalla sponsorizzazione, soppressa nel 2002, e ancora non è stata recepita nella normativa comunitaria la previsione di un permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, saggiamente raccomandata dal Parlamento Europeo".
"Tra i compiti più urgenti – conclude – vi sono, inoltre, sia quello di favorire una mentalità di maggiore apertura nei confronti dei paesi dell’Est Europa, l’area maggiormente protagonista dei flussi migratori nella prospettiva dell’allargamento dell’U.E., sia quello di rafforzare le prospettive di integrazione di tutti i gruppi interessati ad insediarsi stabilmente (servizi, cultura, voto, seconde generazioni, cittadinanza, avendo l’accortezza di evitare che la grande flessibilità del mercato del lavoro non vada a scapito della continuità del soggiorno . L’Italia – questo dicono i numeri e i flussi prevedibili – è un grande paese di immigrazione, che reclama di conseguenza una politica lungimirante".