Senza titolo

(e non è il solito slogan "no global") recita il "titolo" di apertura dello spettacolo è invece l’invisibile sottotitolo fin troppo ovvio e scontato visto che la scritta viene eseguita e poi "proiettata" sullo schermo tramite una penna ottica infilata nella vagina di una donna nuda e spalle al pubblico, accovacciata su di un cubo/sgabello, unico accessorio presente su di un palco scarno e desolato; che solo per pochi minuti rimane così? poi parte il fuoco di fila della che con XXX traspone ai giorni nostri, nel mondo del porno, l’iniziazione al sesso di una giovane ragazza di nome Eugene, utilizzando come "pirotecnico canovaccio" gli scritti ma soprattutto la "filosofia" del Marchese DE SADE ("LE SVENTURE DELLA VIRTU"?, "LA FILOSOFIA DEL BOUDOIRE"?) per e poi lasciare il tutto in un temporaneo limbo di acriticità  di giudizio.
Per cominciare due parole sullo spettacolo a "livello visivo": decisamente buona la rappresentazione, con una scena tutto sommato abbastanza scarna (a "turno" un paio di sedie, un mini palco rotante e dotato di luce "rossa" propria, alcune funi per "volare" e poco altro), arricchita in maniera consistente da inserti filmati "on stage" ed altri preconfezionati (a volte si ride, a volte ci si stupisce più o "assai meno" piacevolmente) e soprattutto capace di , grandi catalizzatrici dell’attenzione e che in qualsiasi altro contesto probabilmente poco spazio lascerebbero alla "lucida osservazione".
Ma va detto, credo, che il fulcro "dell’azione" della "FURA" probabilmente è quello di e con uno spettacolo in fondo assai "cerebrale", e per questa causa non si risparmiano mezzi verbali e visivi di ogni genere: si va dai nudi integrali sul palco, tra gli spettatori e "con" gli spettatori, alla proiezione di inserti tratti da film pornografici, scampoli di guerra recente, composizioni a base di "fiori di falli", immagini di migliaia di piccoli video erotici che si ricompongono in una grande vagina, ecc.ecc..
Risulta un netto contraltare invece il fatto che i "quattro" artisti chiudano la loro performance con una "vestizione", una sorta di spogliarello al contrario, che li ridipinge in un elegante bianco e nero adatto alle migliori occasioni, quasi volessero intendere: "guardate, siamo sempre noi, quelli di prima" (WOYTILA dixit?)
il messaggio è un "dogma"; il messaggio è uno soltanto; anzi, a tratti pare di essere in una corsa infinita sopra una pista circolare dove il traguardo è una chimera; ci si interroga (chi vuole, chi ne ha voglia?) su tutto ed il contrario di tutto.
Ma la , a ben vedere, e semplice e schematica: l’IMMAGINE "rompe", le PAROLE "accompagnano" e le "SCRITTE", parecchie usate come slogan, fissano i "cardini". Vale la pena di citare alcune di quelle salienti, che danno senso e tono a tutto l’insieme: .
A voi/noi le conclusioni.
Prima di procedere faccio una premessa, per me importante: parecchia critica ha "bollato" lo spettacolo definendolo in sostanza "buono nelle intenzioni", ma incapace di arrivare al bersaglio e paragonando l’unico centro forse raggiunto nella eventuale riuscita volontà  di schifare lo spettatore tramite l’ostentazione e l’estremizzazione del sesso come, ad esempio, accade nel cinematografico di Pasolini ed, in maniera diversa, nel di Fellini. Mi sembra di poter affermare con buona sicurezza però che le conclusioni siano state un poco avventate, forse anche perché questo è il tipo di rappresentazione che ha bisogno non di un critico che sia solamente attento, ma di uno che sia anche "aperto mentalmente", e l’apertura mentale non basta mai
Se si riescono invece ad affrontare le varie tappe senza pregiudizi (recitano in ) si può ben vedere come la filosofia Sadiana venga utilizzata ed esposta, nè come un "degrado assoluto", ne per "parcellizzarne" la bontà , bensì per sgomberare il campo da "idee pregresse" e lasciare ad ognuno libera volontà  di giudizio. Il tutto per mezzo di un quello con il sesso allo stato attuale nel , ovvero virtuale, con animali, chat line, sesso usa e getta (sul palco, un corpo viene prima seviziato e poi gettato in un cassonetto?), seni rifatti e un’ "orgia" (per l’appunto) di strane pratiche che solo a citarle potremmo star qui per parecchie righe. D’altro canto , il regista, dichiara, tra gli obiettivi della rappresentazione della "Fura", quello di parlare del bisogno di rientrare in , e quindi Riappropriarsi "anche" del sesso, ma quello "toccato, annusato, anche sofferto?"
Allora meglio DE SADE??? – non del tutto, almeno – Però tra le poche frasi che abbiano un significato di disseminate tra le pieghe dello spettacolo, una di queste invita ad "aprire un qualsiasi giornale ed a vederla là , la vera volgaritò", così come si chiude, e non credo a caso, con la scritta già  menzionata "ogni crimine la natura può giustificare" che ammonisce e ci ricorda in parte .
Insomma, le sono senza dubbio : la prima è , intesa come riappropriazione di noi stessi, delle nostre idee, forse mai conosciute, così come dei nostri corpi (conosciuti ancora meno??); la seconda: .
L’eccellente gruppo catalano non vuole censurare, ma mira a far scoprire/riscoprire al pubblico, alla gente, verità , la verità  – della gente e di ognuno di noi, e per far questo, ripeto, si servono di immagini e situazioni che "scuotono", "estreme ed inusuali, perlomeno ai più (la – www.sexfuckingmachine.it -, il sesso tra donne e cavalli, "attrezzi" vari, infibulazioni, simulazioni di stupri, orge, rapporti orali, anali – non ci risparmia nulla la "FURA" – ma forse la realtà  concede sconti??), lasciando intendere, senza troppi sottintesi, che – tutto si può purchè non si invada il campo altrui -. è al tempo stesso ovvio che, , la variabile di interpretabilità  diventa superiore e più di qualcuno potrebbe trarre conclusioni addirittura agli antipodi dalle intenzioni stesse degli artisti (credo che il "KUBRICK" di "ARANCIA MECCANICA" in questo sia stato e tutt?ora ne sia un esempio eclatante?).
La "FURA DELS BAUS" comunque ce la mette tutta, dà  davvero via l’anima (al diavolo??), lanciando di continuo "rostri" che arpionano gli spettatori in platea, cercando di coinvolgere tramite esilaranti "finti/veri" esperimenti a base di ferormoni, con abboccamenti vari ed incursioni vere e proprie tra il pubblico per reclutare "nuovi" spaventati (dopo quanto hanno già  visto?) protagonisti volontari, ma al massimo ottengono frettolosi dinieghi, timide partecipazioni e quando tornano sul palco a "mani quasi vuote", odono poi il suono "taumaturgico" e del tutto fuori luogo della risata. Perchè, dicevamo, ognuno coglie ciò che crede nelle immagini e nelle parole che vede e che sente. Lo spettacolo è però impiantato anche per evitare il più possibile deragliamenti che portino troppo – fuori -: si può infatti sostare poco, ad esempio, a godere nei languidi piaceri delle proprie "fantasie personali", perché e, attimo dopo attimo, siamo già  in un luogo opposto e contrario – non c’e tempo per , non oggi – ?.
Una ultima cosa: un consiglio a chi avrà  l’occasione di assistere a teatro, in Italia, a questo spettacolo: concedetevi una appendice di 10/15 minuti all’uscita con l’orecchio teso ai vari commenti degli spettatori, gli stessi che dentro erano muti e recalcitranti. è interessante e curioso vedere come la timidezza e chissà  cos’altro si sciolgano frettolosamente nell’aria della sera.

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