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Il workshop intende sollecitare una riflessione culturale e scientifica sul tema della sessualità  nelle persone con disabilità  sia fisica che psichica.
Tali riflessioni, si spera, interessino e coinvolgano, oltre agli stessi protagonisti in questione, anche i genitori e gli operatori sociali e sanitari.
Per questo motivo, i laboratori sono di natura teorico-pratica.
Infatti, nella struttura del workshop, generalmente prevale una "corposa" relazione teorica nella prima parte ed in seguito una serie di approfondimenti esperenziali di tipo clinico-operativo.
A tale riguardo molta rilevanza sarà  data, viste le notevoli implicazioni corporee, ai cosiddetti vissuti traslativi e controtraslativi, che qualsiasi tipo di relazione professionale e umana comporta.
Per molto tempo, infatti, e non a caso, la sessualità  della persona con disabilità  è stata esclusa dal vissuto emotivo e relazionale, in quanto non "all’altezza" dei canoni sociali e culturali della funzione sessuale.
Il sesso cioè, secondo questa visione culturale, è punibile solo in virtù di un oggetto sessuale "normale", di conseguenza la persona con disabilità  viola alcune delle aspettative, che il gruppo rivolge ai propri membri: questa violazione, presunta o reale che sia, provoca una serie di risposte, che si esprimono frequentemente attraverso punizioni o etichette.
D’altro canto, di queste stesse difficoltà  ne risentono genitori ed operatori nei contatti quotidiani con le persone con diversa abilità  e, di conseguenza, si stabilisce una resistenza al parlarne e all’agire terapeutico.

Un workshop è un laboratorio di natura teorico-pratica. L’esperienza teorica sottolinea il concetto di sessualità  al di là  della pura genitalità . L’atto sessuale non deve essere inteso come uno sfogo biologico, bensì come un evento psicosomatico caratterizzato da aspetti relazionali, intrapsichici e sociali. Una delle difficoltà  è la conoscenza del proprio corpo. Ulteriori ostacoli sono imposti dall’opinione pubblica che spesso ed impropriamente si interessa alla sessualità . Una frequenza che ha risvolti positivi e negativi: positivo va considerato il crescente desiderio di comprendere il fenomeno, negativa invece l’esigenza di prendere le distanze da un tema troppo coinvolgente.
Il workshop è incentrato su una situazione specifica: l’analisi del soggetto disabile come soggetto. In questo caso, è opportuno accantonare il concetto di prestazione puramente fisica per eliminare l’immagine distorta e parziale della sessualità  nella persona disabile, che talvolta, attraverso un’esplicita richiesta sessuale, ricerca un’implicita risposta di carattere essenzialmente affettivo.
Nasce, quindi, la necessità  di promuovere una valutazione qualitativa dell’esperienza sessuale e di eliminare l’idea di prestazione come dovere. Il disabile, psichico o fisico che sia, è una persona come le altre. Ha desideri e bisogni di carattere sociale, emozionale ed intellettuale. Fondamentali si rivelano l’informazione, la comunicazione e la competenza in materia da parte di tutti: diretti interessati parenti, amici, operatori e terapeuti. Solo chi è molto informato e competente può comprendere fino in fondo le problematiche proprie ed altrui per produrre risposte esaustive.
In tal senso, la proposta-provocazione del workshop è nello svelamento e nel superamento di certe "forme" ed etichette quali il classificare gli individui con l’attribuzione di "handicappato" senza distinzioni di sorta, non considerando invece la "persona" articolata e complessa, con capacità  e deficit, con potenzialità  e limiti (più o meno superabili), irripetibile, diversa, ma non necessariamente "malata", soggetto di diritti e doveri, che si sviluppa nel tempo con sistematici progressi e/o regressioni.
In considerazione del fatto che, spesso e volentieri, gli "addetti ai lavori" operano sul "caso clinico" e non sulla persona, si parlerà  di psicosessualità  (e non di sessualità ), per citare tutti gli aspetti di questa realtà , non solo quelli che si manifestano prevalentemente nell’ambito fisico, ma anche quelli che con essi sono strettamente collegati: le percezioni, le emozioni, gli affetti, le pulsioni, le motivazioni, i valori, etc.
La non-conoscenza è fonte di disagio, paura ed insicurezza, componenti negative durante il processo di formazione del concetto di sè. L’autostima è necessaria per potersi relazionare in modo competitivo con il mondo che ci circonda in ogni ambito e situazione: per questo l’attenzione è rivolta alla comunicazione.
Non è facile interpretare e tradurre correttamente le sensazioni che si provano durante una relazione, perché molto spesso non siamo in grado di percepirle. Per questo, nel wokshop, verrà  data molta rilevanza alle esperienze pratiche sui vissuti corporei.

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